“Muoia Sansone con tutti i filistei” si dice di chi per nuocere agli altri, non esita a danneggiare anche se stesso. Sembra essere la filosofia che ispira gli ultimi disperati provvedimenti del governo Rajoy a poco più di un mese dalle elezioni politiche spagnole.

Ad agosto ha approvato un bilancio dello stato che incatenerà chi uscirà vincente dalle urne al patto di stabilità e alla gestione liberista della crisi.

Solo pochi giorni fa ha deciso di assegnare un colpo mortale alle energie rinnovabili, tassando il sole e l’uso a fini energetici dei suoi raggi. Lo ha fatto Soria, il peggior ministro dell’industria del peggior governo che la Spagna ha avuto dall’avvento della democrazia.

Non è nuovo, il ministro, a queste crociate contro l’ambiente. Appena insediato ha tentato di distruggere uno dei più straordinari ecosistemi della terra, le isole Canarie, autorizzando la Repsol a trivellare il fondo dell’oceano. Non c’è riuscito solo per la rivolta popolare sull’arcipelago e perché, fortunatamente, il petrolio trovato era di scarsa qualità e costosa estrazione.

Bloccare il cambiamento del modello energetico spagnolo da fossile a rinnovabile sembra per il ministro dell’industria una vera e propria missione.

Il suo primo atto è stato emanare un decreto di moratoria delle installazioni di pannelli solari e pale eoliche, addirittura con effetti retroattivi. Ora completa l’opera tassando l’energia solare.

Il senso della legge è così inesplicabile e così arbitrario che non lascia spazio a illazioni. Un cittadino che immette nella rete elettrica l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici installati sul proprio tetto, dovrà pagare una tassa per l’uso della stessa. Il risultato di tanto accanimento è molto semplice: un investimento in pannelli solari che con la precedente normativa del governo Zapatero si ammortizzava in un arco di circa 12 anni, ora, con la tassa, ne richiederà quasi 18, paralizzando così il settore.

Un provvedimento che dimostra la vocazione del governo spagnolo a proteggere le grandi corporazioni dell’elettricità. Dove, ad esempio in Germania, le fonti rinnovabili si è tentato di svilupparle, le decisioni prese sono l’esatto contrario di quelle del governo spagnolo. Non solo l’accesso alla rete è gratuito, ma l’energia da fonti rinnovabili ha anche una priorità di immissione, perché installare pannelli solari è considerata attività di utilità sociale e infine al produttore viene pagata oltre alla quantità di energia immessa anche il valore ambientale che essa contiene.

Prendersela però con il ministro Soria sarebbe limitativo. La lobby dei petrolieri è all’offensiva in tutto il mondo. Eppure la ricetta per governare il clima e disinquinare l’aria è nota: chiudere l’era dei combustibili fossili e aprire quella delle risorse solari. È la decisione tardiva che chi ha a cuore il bene comune si aspetta prenda fra un mese il vertice Onu di Parigi, evitando l’ennesimo fallimento auspicato dalle compagnie petrolifere.

Quanto sia grande la resistenza dei vecchi dinosauri che governano l’energia e di quanti li rappresentano nei governi di tutto il mondo, la rendono bene provvedimenti come questo di tassare il sole o le trivellazioni alla ricerca dell’ultima goccia di petrolio o gas. Tanto accanimento e resistenza non sono spiegabili solo con l’avidità di profitto dei grandi monopoli elettrici, che spesso riescono a ricavare anche dalle rinnovabili. Oltre alla sete di guadagni tanta resistenza si spiega anche con la difesa dell’enorme potere che deriva dalla gestione dell’energia.

Uno dei tanti vantaggi delle fonti rinnovabili è che sono fonti difficilmente monopolizzabili. L’uso del sole e del vento sfugge alla centralizzazione in poche mani perché determina una molteplicità di attori, può trasformare ogni cittadino da utente a produttore di energia, non cristallizzando poteri, come fanno il fossile e il nucleare.

La rivoluzione solare di cui il mondo ha bisogno per evitare la catastrofe climatica non decolla per l’eccesso di costi né tantomeno per limiti tecnici, ma solo ed esclusivamente per mancanza di volontà politica. È probabile che il prossimo 20 dicembre, quando si voterà in Spagna, sarà freddo e nuvoloso.

Però quando gli spagnoli andranno alle urne, oltre alle tante altre ragioni sociali, speriamo si ricordino del sole.