Lo sciopero dei medici non poteva non riuscire. L’adesione massiccia della categoria sta a significare l’avvenuta collisione tra una esasperazione incontenibile da parte di chi lavora e la miopia politica di un governo e di un parlamento che non riescono a comprendere il valore del lavoro in un settore delicato come la sanità.
Non bisogna essere particolarmente esperti per capire che in sanità se si continua a tagliare , a bloccare il turn over, se non si fanno i contratti, a parte il danno economico agli operatori, si impoveriscono i servizi, le loro organizzazioni, e le cure diventano scadenti. In sanità i contratti non si limitano ad adeguare le retribuzioni ma sono vere e proprie discipline organizzative. Quindi il blocco dei contratti è blocco del lavoro che è come tagliare sui pompieri davanti ad un incendio. Cioè è un non senso. I medici non ce la fanno più e già il 27 ottobre scorso contro il governo Monti erano scesi in 30000 a Roma sotto lo slogan “diritto alla cura diritto di curare”.
Ieri in massa (70 % di adesioni)si sono nuovamente ribellati e se non avranno risposte lo rifaranno anche se scioperare in sanità non è semplice. Solo ieri sono stati rinviati 30000 interventi e 500000 visite specialistiche. Ma spetta a palazzo Chigi dimostrare senso di responsabilità. Questo governo deve capire che se le malattie non calano ma calano i medici, gli operatori e i servizi in generale, a rimetterci di brutto sono i malati. Gli inglesi lo hanno chiamato il problema dell’overcrowding cioè le ricadute negative del sovraccarico dei servizi, sulle qualità delle cure, sui malati e quindi sulla loro probabilità di sopravvivenza, quel che accade quando i servizi lavorano sotto il minimo organizzativo consentito.
Il nostro sistema sanitario sottoposto ormai a continue politiche di definanziamento, ai tagli lineari, al ridimensionamento dei servizi è in overcrowding da anni ma nessun governo compreso quello in carica si è preoccupato di misurare l’impatto dei tanti blocchi alla sanità sulla vita delle persone…eppure tutti sanno che in overcrowding la mortalità dei malati aumenta. Ma forse non la ministra Lorenzin che di fronte a questa grave situazione ha voluto incontrare i sindacati medici prima dello sciopero per proporre loro un contratto a costo zero, come se in sanità fosse possibile dividere la disciplina sul lavoro dal lavoro. Ha offerto ai medici un contentino, la proroga di un anno della scadenza per l’assicurazione professionale obbligatoria. Cioè di prorogare una proroga. E i sindacati hanno confermato, giustamente, lo sciopero. In sanità prorogare vuol dire semplicemente non essere capaci di risolvere i problemi e differire a futura memoria le soluzioni. Prorogare e invarianza sono la stessa cosa. Un governo che proroga i problemi senza mai risolverli dimostra semplicemente la mancanza di un progetto di cambiamento.
I problemi più importanti dei medici e della sanità sono purtroppo prorogati da anni, di governo in governo, fatti marcire, esasperare, ma sempre a soluzione indefinita. In sanità se davvero si volesse operare per un cambiamento, perché di cambiamento vi è un gran bisogno, prima di tutto è proprio sul lavoro che si dovrebbe puntare. Ma per quanto possa sembrare paradossale, il lavoro in sanità non è mai stato considerato da nessun governo un fattore primario di cambiamento ma solo una spesa o da contenere o da bloccare o da riparametrare salarialmente.
Lo dimostra la tormentata storia del precariato. Sono anni che per mandare avanti la baracca prima si “precarizza” poi con l’acqua alla gola della protesta si “stabilizza” quindi si precarizza di nuovo …e avanti di questo passo ma mai una idea corretta di lavoro.
Oggi rinnovare i contratti per il governo Letta sembra un attentato alla precaria stabilità del paese. Ma è una pura follia. In sanità senza un buon contratto non si cambia niente. Lo sciopero di ieri è quindi non solo contro i blocchi del lavoro ma anche per trovare soluzioni ora non domani.