Chi uccide è il cattivo, chi indaga e salva è il buono. Un modo sbrigativo e indolore per definire e schematizzare la realtà. Se non fosse, che per comprendere l’agire umano e i demoni che lo possiedono, occorre ben più di una semplice ripartizione tra il bene e il male. A rimarcare la complessità dell’esistenza, l’eccellente miniserie targata Discovery, visibile in Italia su Netflix, Manhunt: Unabomber, ovvero il racconto delle vicende che portarono alla cattura di Theodore Kaczynski, meglio noto con l’acronimo Unabomber, il terrorista che con i suoi attentati dinamitardi tra il 1978 e il 1995 causò la morte di tre persone e il ferimento di 23 vittime tutte scelte a caso. Le indagini, i differenti ambienti nei quali agirono attentatore e investigatori, il passato di Kaczynski, le nuove metodologie per individuare profili criminali, il processo, sono alcune delle tessere di un mosaico in otto puntate. Manhunt non è il semplice affresco di un periodo storico e nemmeno l’apologia della linguistica forense.

Questa miniserie è anche il ritratto di due uomini che, nella loro forsennata ricerca ed esibizione del proprio talento, producono un senso di vertigine nello spettatore desideroso di empatizzare. Il primo uomo, è Kaczynski che, dopo essere stato un docente di matematica alla Berkeley, si esclude dal mondo e trova rifugio nella sua capanna del Montana per combattere gli orrori del contemporaneo con altri orrori. Incarna i segreti pensieri di chi si sente oppresso dalla «rivoluzione industriale». E per questo, i magistrati vogliono una confessione e non un processo soggetto al giudizio imprevedibile di una giuria. L’altro uomo è Jim R. Fitzgerald, vero profiler FBI.

Fitz solo apparentemente provoca meno brividi. Non vuole azzerare il mondo ma collocarsi in un punto alto, in modo che tutti possano ammirarlo. Come l’uomo al quale dà la caccia, si sente incompreso. È lui che identifica Unabomber e che per primo ne intuisce l’alto quoziente intellettivo e la filosofia di vita. Tuttavia, questa impresa non è sufficiente a placare i suoi demoni. Se gli altri non ti vedono, a che serve esserci? Disinteressato al fatto che ogni azione istituisce delle relazioni, non si chiede se sia proprio lui a rendersi irreperibile e invisibile allo sguardo altrui, proprio come Unabomber ora chiuso in una cella definitivamente fuori dal quel mondo che voleva distruggere.