Bersani ha visto Berlusconi, ma la posizione del Pd resta no al governissimo. «È giusto cercare la massima condivisione sul capo dello stato. Ma il governissimo è impossibile, il fattore Berlusconi non rende normale la destra italiana e lui è inaffidabile: abbiamo già dato con l’esperienza Monti: quando gli è convenuto si è sfilato e ha fatto campagna contro. Chiunque abbia buon senso e a cuore l’Italia non si augura di dipendere dall’umore di Berlusconi». E infine il governissimo «è impossibile ma chi come me sta nei territori sa che non avere un governo che prenda provvedimenti urgenti è la preoccupazione più grande del mondo del lavoro, imprenditori e lavoratori, ogni ora che passa la crisi peggiora».

Matteo Ricci, classe ’74, presidente della provincia di Pesaro e Urbino, giovane turco (ma con le puntualizzazioni che seguono) e di belle speranze.

Sta dicendo, come Renzi, che nei palazzi si è perso tempo?

Il tentativo di Bersani è stato giusto. Ha dimostrato agli italiani che se Grillo avesse fatto nascere il governo, Berlusconi ormai sarebbe marginale. E le cose che Grillo ha urlato nelle piazze come cose da fare, alle prossime elezioni toccherà a noi urlarle nelle piazze, per dire che non le abbiamo fatte per l’irresponsabilità di Grillo. Il tentativo Bersani è stato giusto, ma se le cose restano così, oltre non si può andare.

Lei è per il voto?

le vie sono tre: uno, il nuovo presidente manda in aula Bersani, cosa che Napolitano avrebbe potuto fare, e si vede. Due, si vota a giugno. Tre, si fa un governo di scopo, sostenuto anche dal M5S, per pochi interventi urgenti per l’economia e la legge elettorale; e si vota a ottobre.

La legge elettorale si fa in sei mesi e con l’estate di mezzo?

Stavolta la maggioranza non ce l’ha Berlusconi, che voleva tenersi il porcellum, com’era durante il governo Monti. Una cosa è trovare 30 voti per la fiducia, un’altra trovarli su una buona legge elettorale. Comunque andare oltre l’autunno sarebbe un governissimo. Ci punta Grillo, per strillare all’inciucio.

Si torna al voto con Renzi premier?

Siamo alla vigilia di un cambiamento radicale. La prossima partita è di chi metterà in campo un nuovo Pd in due passaggi: le elezioni anticipate, se ci saranno, e il congresso di ottobre. C’è una generazione nuova in campo: il 70 per cento dei parlamentari è alla prima legislatura e in più ci sono tanti amministratori pronti a diventare protagonisti del cambiamento. In questo passaggio Renzi ha appeal nell’opinione pubblica. Ma il prossimo leader dipende dalla linea politica. Noi ’rottamatori di sinistra’, per capirci, alle scorse primarie abbiamo scelto Bersani perché ci ha convinto la sua linea politica. Vedremo se la linea Renzi ora sarà diversa.

I suoi compagni ’turchi’, come Matteo Orfini, chiedono a Sel di entrare nel Pd. Il «cambiamento radicale» passa per una ricollocazione politica del partito?

Il Pd è nel campo progressista e riformista e vedo bene una discussione più stretta con Sel. Ma il Pd deve allargarsi, con il 25 per cento non si governa. La linea e il leader li sceglieranno gli elettori alle primarie. Certo è che si riparte da una nuova generazione, e dagli amministratori che in questi anni hanno avuto a che fare tutti i giorni con la crisi sociale, con i bisogni crescenti e le risorse calanti. Questo ha forgiato una nuova classe dirigente che sa meglio cosa serve all’Italia. Il Pd deve passare da partito della serietà e responsabilità a quello della speranza.

Scusi, si sta ricollocando con Renzi?

Io vengo da sinistra. L’esperienza di ’Rifare l’Italia’ (l’area dei giovani turchi, ndr) è nata qui a Pesaro. Ma vedo molti giovani che non si riconoscono nelle aree aggregate fino ad adesso. Non possiamo guardare al futuro con l’impostazione delle primarie del 2009.

Prima di questo, c’è la scelta del nuovo capo dello stato. Bersani fa intendere che potrebbe essere una donna.

Un bel segnale. Molto meglio di figure che fanno politica in prima linea da trent’anni.

Ha sistemato i papabili Amato, Marini e anche Anna Finocchiaro?

Penso che l’Italia si aspetti altro.

Emma Bonino, per esempio?

È una donna, ma su lei ho qualche riserva. Non mi sembra una figura unificante.