Il 17 ottobre il ministro dell’Istruzione, università e ricerca Maria Chiara Carrozza ha firmato un decreto che permette agli enti di ricerca controllati dal Miur di assumere per chiamata diretta, cioè senza concorso, ricercatori e tecnologi italiani e stranieri «dotati di altissima qualificazione scientifica» e che si sono conquistati riconoscimenti a livello internazionale. Lo stanziamento previsto è di 1.613 milioni di euro e risale ad un decreto legislativo del 31 dicembre 2009 (numero 213).

In un paese normale, con un sistema universitario e di ricerca pienamente funzionante e finanziato dallo Stato questa circostanza non dovrebbe destare sorpresa. In un paese come l’Italia, dove l’istruzione ha subito un taglio di 10 miliardi di euro, invece sì. Il decreto sugli «eccellenti» ha infatti il sapore della beffa. Solo al Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), il più grande ente di ricerca italiano, ci sono 1100 precari (tra ricercatori e tecnologi) che rischiano il licenziamento con la conversione in legge del «decreto 101» che porta il nome del ministro della pubblica amministrazione Giampiero D’Alia.

Chi, tra loro, non ha maturato al 1 settembre un’anzianità di tre anni continuativi al servizio della pubblica amministrazione non potrà partecipare al concorso che il governo Letta si accinge a bandire per assumere 120 mila precari. Al Cnr, sono molti i precari che non hanno maturato l’anzianità richiesta entro quella data. Eppure lavorano da anni in posizioni fondamentali e hanno superato concorsi e prove di selezione. Secondo i calcoli dei sindacati questa condizione riguarda tra i 40 e i 70 mila precari nella PA.

Al Cnr, la sovrapposizione tra i due provvedimenti è casuale, anche se insospettisce la fretta con la quale è stato bandito il decreto e il termine del 28 ottobre, data entro la quale i direttori di istituto dovranno comunicare i nominativi dei ricercatori «eccellenti». Ciò che è paradossale è che il testo sia stato firmato dal ministro Carrozza negli stessi giorni in cui si discute della legge di stabilità che bloccherà il reclutamento negli enti di ricerca, nelle università o nella scuola fino al 2018, mentre il decreto D’Alia rischia di fare una strage tra i precari.

Il blocco dei contratti, quello del turn-over e il taglio del personale vengono considerati inaggirabili dal governo. Al punto da discriminare tra precari e idonei ed escludere dal ruolo che gli spetta persone che lavorano da anni e sono insostituibili. Siamo giunti al paradosso per cui l’unico modo per riuscire a lavorare da ricercatore in Italia è attendere provvedimenti straordinari che aggirano le norme imposte dall’austerità. Un’opzione che può premiare senz’altro pochi «meritevoli» ma esclude migliaia di persone che sarebbero state già assunte se non ci fossero i vincoli di bilancio.

Il decreto D’Alia sarà approvato dal Senato entro il 30 ottobre. Gli enti di ricerca sono in rivolta da giorni e i loro precari hanno organizzato un’assemblea martedì 29 all’Isfol a Roma.