Le strade del centro di Odessa sono linee confuse che si perdono nella notte accompagnate dal clangore dei generatori. A tratti si illumina un fascio di luce, qualcuno attraversa la strada e cerca di farsi notare dalle auto in transito agitando il braccio. Per il resto le uniche luci sono quelle dei fari delle auto e dei pochi chioschi ed esercizi commerciali aperti.

«ABBIAMO RICEVUTO un calendario con gli orari delle interruzioni di corrente programmate – racconta Carolina – ma non li hanno mai rispettati; sappiamo che non è colpa della Dtek (la più grande azienda privata di distribuzione energetica ucraina, ndr) ma così è difficile vivere».

Carolina abita nella zona nord della città, lungo la strada che porta a Mykolayiv. Il suo quartiere è completamente al buio, non si vedono neanche le poche luci del centro. Qualche chiosco è aperto, più che altro venditori di sigarette, alcolici e beni di prima necessità ma i commercianti usano led a batteria che da qualche decina di metri già non si vedono più.

I residenti lo sanno che sono aperti e vanno a memoria, per chi viene da fuori è più facile sbattere contro un’ombra che trovare qualcosa. Insieme alla corrente si sono spenti i riscaldamenti e l’acqua calda: molti quartieri erano già senza gas a causa dei bombardamenti delle settimane passate.

Ieri alle 10 di sera la temperatura era di -2 gradi e durante la giornata non si era mai discostata troppo dallo zero. Un leggero nevischio aveva coperto una parte delle strade «ma non è nulla rispetto a quando inizierà il freddo vero», dice Anton, in fila di fronte a un cambia valute.

ANCHE LA RETE PUBBLICA non funziona e i semafori sono quasi tutti spenti, come i lampioni, le colonnine di ricarica per le sim dei cellulari e i bancomat. Chi ha un po’ di dollari o di euro da parte fa il giro dei cambia valute per trovare il tasso più conveniente e si mette in fila.

La ragazza dietro quello dove siamo noi è costretta a scrivere su tre quaderni differenti tutte le informazioni richieste dal titolare e per ogni persona impiega almeno 10 minuti. Intanto in fila si gela, tutti incappucciati e con le mani in tasca.

Ogni tanto si affaccia qualche militare che salta la fila e chiede qualcosa, se la risposta è affermativa allora si fa servire subito. In fila generalmente nessuno obietta tranne le donne più anziane che rimproverano ai ragazzi in mimetica e scaldacollo verde di non capire che il freddo per i vecchi è più duro da sopportare.

«Le notti non passano mai – continua Carolina – Non so neanche più quante ore dormo, per fortuna un paio di settimane fa avevo fatto scorta di libri da una bancarella altrimenti non avrei saputo cosa fare».

NEANCHE IL CIBO è facile da trovare: «Il supermercato sotto casa mia ha chiuso la settimana scorsa e quello più vicino ora è a un chilometro e mezzo. Se devo prendere l’acqua non ce la faccio a portare tante cose». Sotto la felpa pesante il corpo sembra evanescente.

Dopo una settimana di buio Carolina ha deciso di investire una parte dei soldi rimasti per spostarsi in un hotel del centro «per fare una doccia calda, avere una connessione stabile e capire come stanno andando le cose al fronte».

Anche le linee di telecomunicazione sono molto più precarie: appena si esce dal centro storico è quasi impossibile anche riuscire a inviare un semplice messaggio su uno dei canali di messaggistica online.

SECONDO IL PRIMO ministro ucraino, Denys Shmyal, dopo gli ultimi attacchi del 5 dicembre la rete elettrica nazionale lavora al 19% della sua capacità e, nonostante le consuete rassicurazioni sui «tecnici che stanno lavorando per ripristinare le linee al più presto», stavolta il premier ha ammesso che «il deficit di capacità del sistema durerà».

Il ministero della salute di Kiev ha addirittura raccomandato di sospendere gli interventi chirurgici non necessari, rifiutare i ricoveri ospedalieri meno gravi per ridurre il carico degli ospedali ucraini e permettere ai medici di fornire cure ai casi più gravi durante le interruzioni di corrente.

Intanto a Sumy, a Dnipro, a Kryivi Rih e nel Donbass continuano i bombardamenti e la battaglia per il controllo di Bakhmut, nel Donetsk, continua a mietere morti.