La campagna per il secondo turno delle presidenziali del 15 giugno, in Colombia, è cominciata con un confronto televisivo fra i due sfidanti: l’attuale presidente Manuel Santos (di destra), che corre per il Partido de la unidad nacional, e Oscar Ivan Zuluaga, che rappresenta il Centro democratico dell’ex capo di stato Alvaro Uribe, di cui entrambi i candidati sono stati ministri (e che è ancora più a destra). Al primo turno del 25 maggio, quest’ultimo ha ottenuto la maggioranza relativa con il 29,26% contro i 25,59% di Santos. L’astensione ha superato il 63%, la più alta dalle presidenziali del 2010, vinte da Santos coi voti di Uribe (ora suo acerrimo avversario).

Il dibattito fra i due candidati è ruotato soprattutto intorno al processo di pace, avviato dall’attuale presidente con le due principali guerriglie del paese: i marxisti delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc), che hanno appena compiuto cinquant’anni di esistenza, e i guevaristi dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), che li compiranno a luglio. Un tema che attraversa la Colombia da 18 mesi e sul quale le parti hanno trovato, a Cuba, un accordo su tre dei cinque punti in agenda. Un tema determinante per la ricerca di alleanze da parte dei due candidati. La linea uribista promette di continuare con ogni mezzo «la lotta la terrorismo» e tuona contro lo spettro del «castro-madurismo» (riferito al socialismo venezuelano). Santos ha perso sei grandi finanziatori alla sua campagna elettorale, le ultime inchieste dicono che, se la spunta, sarà di misura. Inalberando la bandiera della pace, ha però raccolto ampi consensi a sinistra e anche al centro.

A sinistra, gli dà appoggio la ex candidata alla presidenza per il Polo democratico alternativo, Clara Lopez Obregon, e anche Aida Avella, candidata con lei alla vicepresidenza, che rappresenta l’Union patriotica. Dal lato dei movimenti, la Marcia patriotica ha confermato il suo appoggio, ma a condizione che si mantenga il dialogo dell’Avana.

Hanno confermato il loro voto per la pace anche il Consejo Regional Indigena del Cauca e il Movimiento Alternativo Indígena y Social de Colombia, mentre altre associazioni indigene mantengono una posizione astensionista. Per l’occasione, un gruppo di 80 leader politici di sinistra e personalità colombiane, giovedì hanno costituito il Frente amplio por la paz, una piattaforma in difesa dei negoziati, con gli slogan: «No pasaran» e «Con la paz haremos mas» (Non passeranno, e Con la pace faremo di più).

Il Frente nasce in appoggio a Santos e ai dialoghi di pace, ma si propone di continuare anche dopo «per approfondire le riforme sociali in Colombia». Uno degli animatori della piattaforma è Jorge Rosa, stretto collaboratore del sindaco di Bogotà Gustavo Petro, che sta affrontando una complicata vicenda giudiziaria dopo essere finito nel mirino degli uribisti: «In questo modo – ha detto Rosa – la sinistra si assume la responsabilità di vigilare che il processo di pace abbia una conclusione positiva per il paese».

Durante i mesi di trattativa, Santos non ha diminuito la repressione militare e gli assassinii selettivi, ma ha al contempo lasciato intravvedere delle aperture alle richieste della guerriglia che implicano profondi cambiamenti strutturali.