Le persone che si trovano in una certa condizione psicofisica, talmente opprimente e dolorosa da far loro desiderare la morte, hanno diritto ad essere aiutati. È quanto ha stabilito un paio di mesi la Corte Costituzionale intervenendo nel caso di Marco Cappato/Dj Fabo e giudicando incostituzionale l’articolo 580 c.p. nella parte in cui «non esclude la punibilità di chi agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona che versi nelle condizioni» simili a quelle di Fabiano Antoniani. Ieri sono state pubblicate le motivazioni della sentenza (relatore Franco Modugno) nella quale la Consulta spiega che, avendo atteso inutilmente per un anno l’intervento del Parlamento, ha dovuto ricavare dalle leggi vigenti i «criteri di riempimento» del vuoto di garanzie costituzionali.

Visti i diritti acquisiti e stabiliti nella legge sulle Dat «relativa alla rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente e alla garanzia dell’erogazione di una appropriata terapia del dolore e di cure palliative», la Corte ritiene che esista già «una procedura medicalizzata che soddisfa buona parte delle esigenze riscontrate». Nel caso delle Dat, la scelta del paziente di rinunciare alle cure è «decisione che il medico è tenuto a rispettare». La legge, però, «non consente al medico di mettere a disposizione del paziente trattamenti atti a determinarne la morte. Il paziente è così costretto, per congedarsi dalla vita, a subire un processo più lento e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care».

Spiegano i giudici che ciò «finisce per limitare irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato». Da qui il pronunciamento emesso nel settembre scorso. La Consulta ritiene perciò che d’ora in poi «la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell’intervento legislativo, a strutture pubbliche del Ssn». Anche se, puntualizza, i medici non hanno alcun obbligo di procedere a tale aiuto.

«È una sentenza di portata storica», commenta l’associazione Luca Coscioni. Mentre Marco Cappato twitta: «Da oggi, in Italia abbiamo legalizzato l’aiuto medico alla morte volontaria. Prossimo obiettivo #Eutanasialegale contro l’eutanasia clandestina».