Quando qualche settimana fa l’Associazione Luca Coscioni consegnò nelle mani del presidente della Camera Roberto Fico le 130mila firme di cittadini poste in calce alla legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, il governo giallo-verde bypassò le divisioni interne sull’argomento liquidando la questione come «non prevista nel contratto».

Eppure, deve aver prevalso la linea leghista (quella del ministro della famiglia Fontana, però, più che di Salvini), se l’esecutivo ha deciso di non rimanere neutro sulla questione e di opporsi invece al dubbio di legittimità costituzionale sull’articolo 580 del codice penale presentato dal Tribunale di Milano nel processo a carico di Marco Cappato, accusato di istigazione e aiuto al suicidio di Dj Fabo. Al secolo Fabiano Antoniani, l’uomo cieco e tetraplegico aveva chiesto il supporto del tesoriere dell’associazione Coscioni per farsi accompagnare in una clinica Svizzera, dove poi è effettivamente morto suicida il 27 febbraio 2017.

Il processo, che si è aperto l’8 novembre 2017 in seguito all’autodenuncia di Cappato, si è parzialmente concluso il 14 febbraio 2018 con l’assoluzione dell’esponente radicale «per la parte che lo vedeva imputato di istigazione al suicidio», spiegano i legali dell’associazione Coscioni coordinati dalla segretaria, l’avvocata Filomena Gallo. Mentre «per la parte di aiuto al suicidio, la Corte di Assise di Milano ha emesso una ordinanza di remissione alla Consulta per il giudizio di costituzionalità della norma».

«Ho appena appreso che anche il governo Conte-Di Maio-Salvini ha presentato memorie contro di me davanti alla Corte Costituzionale – ha scritto ieri in una nota Cappato – affinché il dubbio di legittimità costituzionale sia dichiarato inammissibile, come già aveva chiesto il governo Gentiloni». È imminente infatti l’udienza nella quale la Consulta dovrà esprimersi riguardo alla norma che vieta l’assistenza al suicidio contemplata dal Codice Rocco: si terrà il prossimo 23 ottobre. L’aiuto al suicidio è, ricorda Cappato, «reato istituito e punito in Italia secondo quanto disposto dal Codice penale del 1930, in piena epoca fascista e antecedente alla Costituzione e dunque su un concetto di libertà e diritti umani e civili totalmente rivoluzionato nel corso del tempo».

Il governo avrebbe potuto non presentare opposizione, come già avvenne in altre occasioni. Per esempio, il governo Renzi nel 2015 rinunciò alla difesa della legge 40, smantellata pezzo per pezzo dalla Consulta. «Dicono che era un atto dovuto – incalza Cappato – ma di fatto è un atto discrezionale. Avevo capito che non volessero affrontare il tema perché non è nel programma di governo. Speravo (e continuo a sperare) che questo significherà lasciare il Parlamento libero di decidere».

Di fine vita e «di altre libertà da conquistare», di politica basata su un approccio scientifico anziché superstizioso, si parlerà nel XV Congresso dell’Associazione Coscioni che si terrà dal 5 al 7 ottobre presso l’Università Statale di Milano.