Emilio Coveri, fondatore di Exit-Italia, l’associazione impegnata ad informare i cittadini italiani che vogliono raggiungere la Svizzera per ottenere assistenza al suicidio, è indagato dalla Procura di Catania e il prossimo 25 luglio sarà interrogato dai pm titolari del fascicolo insieme al procuratore capo Carmelo Zuccaro, salito agli onori delle cronache per la sua ossessione anti Ong che lo avvicina al ministro Salvini.

Il reato è lo stesso che venne ipotizzato a suo tempo nei confronti di Marco Cappato, quando il tesoriere dell’Associazione Coscioni si autoaccusò di aver accompagnato Dj Fabo in Svizzera a morire nel febbraio 2017: istigazione e aiuto al suicidio punito in forza dell’articolo 580 c.p. contemplato dal Codice Rocco di ispirazione fascista.

Fu proprio grazie al processo che si aprì in quell’occasione che l’art. 580 finì, insieme all’assoluzione parziale di Cappato, davanti alla Corte Costituzionale. La quale, nell’ordinanza emessa nell’ottobre scorso, ha dato tempo un anno al parlamento affinché legiferi sul fine vita per tutelare adeguatamente «determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione». Il 24 settembre prossimo scadrà il tempo, e la Consulta si riunirà di nuovo per decidere – a questo punto al posto della politica e degli organi legislativi – se è legittimo aiutare un aspirante suicida che lo chiede espressamente.

È il caso di Emilio Coveri, accusato dalla magistratura etnea di aver «rafforzato», «nella sua decisione di togliersi la vita», la volontà di una donna di 47 anni, affetta da tempo di una grave forma di depressione, che si era rivolta ad Exit per ottenere l’assistenza di una clinica svizzera dove poi si è recata ed è morta il 27 marzo scorso.

Nella lente di Zuccaro ci sarebbero alcune frasi scritte dal presidente di Exit per dare suggerimenti – come ha riferito ieri lo stesso Coveri intervistato da Radio 24 – alla donna che gli chiedeva consigli su come aggirare l’opposizione dei famigliari. E i 7.000 franchi, versati dalla 47enne in qualità di socia a Exit-Italia, che la procura ritiene la prova del «fine egoistico, come quello finalizzato ad appropriarsi dei beni materiali di chi viene istigato o aiutato al suicidio», contenuto nell’art.580. Che a settembre, forse, non esisterà più.