Se proprio non volete dare ragione a Bettino Craxi («andiamo tutti al mare», disse l’allora leader socialista alla vigilia del referendum sulla preferenza unica, era il 9 giugno del 1991), allora andate a far funghi, o castagne, che è anche periodo buono. Ma domenica (che siate veneti o lombardi poco importa) non andate a votare, perché sarebbe solo dare una mano alla propaganda elettorale di due governatori leghisti lanciati verso la riconferma alla guida delle loro regioni alle elezioni di primavera.

Se nell’ex bianco, e ormai da oltre vent’anni verde, Nordest Luca Zaia, nonostante per il suo quesito sia previsto il quorum, veleggia tranquillo visto che la quasi totalità dei partiti si è detto favorevole al quesito, è in Lombardia che la partita è tutta aperta, e la bassa affluenza alle urne è l’unica arma per sconfiggere la propaganda maroniana. Quello lombardo è un referendum inutile, costoso, ambiguo e sbagliato.
Inutile perché, lo ha dimostrato pochi giorni fa la regione Emilia Romagna, bastava aprire un tavolo col governo per trattare le materie che, in base all’articolo 116 della Costituzione, possono essere assegnate alla competenza delle regioni.
Costoso perché, a conti fatti, prevede un esborso di oltre 50 milioni di euro, che si potevano utilizzare diversamente. Escludendo l’ultima novità, i 3,5 milioni di euro per garantire la sicurezza ai seggi, la cifra spesa dal Pirellone era già altissima: 23 milioni per l’acquisto dei tablet per il voto elettronico; 24,5 milioni per il normale funzionamento dei seggi; quasi 3 milioni di euro per la pubblicità istituzionale; infine, 5 milioni per spedire le lettere ai cittadini lombardi ricordando loro la scadenza.

Ambiguo perché nel quesito non vengono specificate quali materie la Regione andrà a trattare col governo per avocarle a sé.

Infine sbagliato, perché se è vero che gli enti locali hanno bisogno di maggiore autonomia (ma soprattutto risorse) per garantire i servizi ai cittadini, questo non può andare contro il principio di solidarietà nazionale.
Maroni vuole utilizzare il voto referendario per sé, sia in chiave elettorale, sia per i rapporti interni alla Lega, per dimostrare a Salvini che conta ancora, e che la spinta nordista è ancora forte nell’elettorato padano, alla faccia della svolta nazionalista-lepenista del segretario federale. Ma ha paura, perché gli ultimi sondaggi dicono che oltre la metà dei cittadini lombardi ha mangiato la foglia, e considera uno sperpero inutile di denaro il referendum. Non è un caso che abbia dichiarato che il suo obiettivo è arrivare al 34% degli aventi diritto. Vuol dire due milioni e mezzo di votanti. I voti presi dai partiti che sostengono il sì (Lega, Lista Maroni, Forza Italia e Movimento5stelle, escludendo la parte del Pd favorevole), quattro anni fa alle elezioni regionali furono tre milioni. Negli scorsi giorni le amministrazioni guidate dalla Lega hanno esposto lo striscione che ricorda il voto sui balconi dei municipi, in barba a diverse normative vigenti, e gli uffici elettorali stanno chiamando i cittadini a casa per ricordare di ritirare le tessere elettorali (che comunque non servono) e di ricordarsi del voto. Ecco perché l’unica cosa giusta da fare il 22 ottobre è non andare a votare. Andare alle urne per fare la croce sul No servirebbe solo ad abbassare di un paio di punti percentuali il risultato del plebiscito pro Maroni. Così come sarebbe inutile (e anzi dannoso) andare a votare a favore del quesito, per dimostrare che ci sono diversi modi di dire sì, come invitano a fare diversi sindaci lombardi del partito democratico. Si mettano il cuore in pace gli amministratori dem: un minuto dopo aver reso noto il risultato del referendum, Roberto Maroni e la Lega avranno già fagocitato nel calderone del finto voto autonomista tutti quei voti, attribuendoli a sé. Bisogna dire chiaramente che Maroni e la Lega stanno sperperando i soldi dei cittadini lombardi. Soldi che avrebbero potuto spendere, ad esempio, per garantire il trasporto a scuola degli alunni disabili. Ma se, dopo oltre 20 anni in cui (mal)governano questo territorio non hanno ancora fatto nulla di tutto ciò è perché, a Maroni e ai suoi sodali, dei cittadini lombardi interessa poco o nulla.