Uccisa con due coltellate al petto mentre cercava di difendersi con tutte le sue forze, così è morta martedì notte a Cadoneghe in provincia di Padova Aisha El Abiou, 30 anni e tre figli. A ucciderla è stato il marito quarantenne, Jennati Abdefettah. Per toglierle la vita gli è bastato un coltello afferrato in cucina. La donna lo scorso ottobre aveva presentato denuncia per minacce e maltrattamenti, aveva provato ad allontanarsi da casa. Evidentemente ancora troppi ostacoli impediscono alle donne di uscire dalla spirale di violenza fisica e psicologica, aveva ritirato la querela ed era tornata a casa, dal suo carnefice. Ai carabinieri aveva raccontato: «Mi ripete “mi viene quasi da tirarti una coltellata”», la tormentava con i suo sospetti su presunte infedeltà.

I militari avevano presentato la richiesta al magistrato di emettere una misura cautelare di allontanamento nei confronti del marito. Ma il pm aveva rigettato la richiesta perché nella denuncia sarebbero mancati gli estremi per il maltrattamento vero e proprio, dall’audizione di testimoni e amici non era emerso che l’uomo avesse picchiato la moglie. Aisha El Abiou non è stata creduta, è tornata a casa e il marito l’ha uccisa (è accusato di omicidio aggravato). «Aveva chiesto il nostro aiuto. Un sistema ingiusto non ha protetto Aicha e i suoi figli – hanno raccontato sui social le operatrici del Centro Donna Padova Auser -. Chiediamo che quando una donna denuncia non sia lei a dover andarsene da casa, ma che sia applicata la legge che prevede l’allontanamento del maltrattante».

Ancora martedì notte un altro cadavere di donna, questa volta sugli scogli di Pietragrande a Stalettì, sulla costa catanzarese. Loredana Scalone aveva 51 anni, una separazione alle spalle e una figlia di 26 anni. Aveva iniziato una relazione con un uomo sposato di 36 anni, Sergio Giana, che lunedì l’ha ripetutamente accoltellata nei pressi del locale notturno dove avevano passato la serata. Poi è tornato, ha cancellato le tracce, preso il cadavere e gettato tra gli scogli per nascondere il suo crimine. Giana è stato sottoposto a fermo per omicidio con l’aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di una persona a lui legata da relazione affettiva, «per motivi abietti e con premeditazione», e per il reato di occultamento di cadavere. Lunedì Loredana era uscita per andare a lavorare come donna delle pulizie, nessuno l’aveva più vista. La famiglia ne ha denunciato la scomparsa, i carabinieri sono subito risaliti a Giana, che ha finito per confessare. L’assalto è stato violento e improvviso al punto che la donna non è riuscita a difendersi.

All’aggressione dell’ex marito Maria Antonietta Rositani è sopravvissuta per raccontarlo, lo ha fatto via social ieri nel giorno in cui è tornata a casa dopo 20 mesi di ospedale. Ciro Russo l’anno scorso è evaso dai domiciliari a Ercolano per raggiungerla a Reggio Calabria e darle fuoco. «Sono qui e combatto. Lo faccio per voi, lo faccio per noi – ha raccontato Rositani -. Dobbiamo sempre denunciare, questa è l’unica parola che dobbiamo portare nel cuore».

Nel 2019 nei Centri antiviolenza della rete D.i.Re sono state accolte 20.432 donne con un incremento, rispetto al 2018, di 717 contatti; in 14.431 hanno chiesto aiuto per la prima volta. Sono soprattutto italiane (solo il 26,5% straniere). Una donna su tre è a reddito zero (33,8%) e poco più di una su tre può contare su un reddito sicuro (36%). Solo il 27,8% decide di avviare un percorso giudiziario. Il maltrattante è quasi sempre il partner (55% dei casi) o l’ex (quasi il 20%). Se si aggiungono i casi in cui l’autore è un familiare (8,7%) si arriva alla quasi totalità (83,7%). È violenza psicologica nel 79,5% dei casi, seguita da quella fisica (60%).