Le piattaforme ci spiano, ci giudicano nel quotidiano e hanno standard repressivi e patriarcali. Seguendo l’esempio di Instagram, Airbnb ha deciso di trasformarsi in una polizia morale orwelliana, promuovendo una vera e propria campagna anti-sesso.

GIUDICANDO illecita l’attività della modella Kaylen Ward in seguito alla sua attività di raccolta fondi, Airbnb ha deciso di bloccarle l’account. Ward ha offerto alcune foto di nudo ai suoi followers in cambio di una donazione ai volontari australiani impegnati contro gli incendi che hanno devastato il suo paese. Le 200 mila foto, scambiate in privato, non rappresentavano alcuna violazione ai termini di servizio di Twitter, sul quale la campagna è stata lanciata, permettendo alla modella di donare mezzo milione di dollari. Instagram ha deciso di chiuderle l’account, non per violazione delle regole interne, ma punendo la moralità del suo gesto in base a quanto scoperto in rete. Airbnb non è stata da meno. Stando agli aggiornamenti del sito, la piattaforma esamina i profili degli utenti «segnalando attività sospette per fermarle prima che avvengano». Airbnb ha introdotto algoritmi istruiti al background-check nel 2015, dopo diverse lamentele di proprietari di case che avevano espresso dubbi su alcuni ospiti.

IL SOFTWARE che utilizza è stato registrato recentemente anche presso l’Ufficio Brevetti Europeo con il nome Determining Trustworthiness and Compatibility of a Person. Gli algoritmi, forniti da Trooly, una start-up con l’obiettivo di scoprire account falsi, sorvegliano le impronte digitali lasciate dagli utenti, valutandone la vita privata. Calcolano il grado di «affidabilità» di un utente in base a un computo arbitrario, tracciando profili psicologici di persone considerate socialmente pericolose e raggruppando nella stessa categoria «sex workers, attività pornografica, hate groups, utilizzo di droga e alcool, personalità narcisistiche, nevrotiche, machiavelliche e interessi negativi o antisociali». La scansione di tali attributi avviene attraverso mining di social media e database pubblici e tecniche di riconoscimento facciale vengono utilizzate per analizzare le immagini del profilo. Il tutto per produrre la stesura di modelli comportamentali a cui poi viene assegnato un punteggio. Se questo eccede la soglia minima di affidabilità stabilità da Airbnb, Trooly valuta i comportamenti dell’utente che fa richiesta come incompatibili con il suo host procedendo a bloccarne la prenotazione, e in alcuni casi anche il profilo.

TRA LE VITTIME di questa polizia morale vi sono Sara Jay, Cadence Lux e Ramona Flour, due pornostar e una sex worker, i cui account Airbnb sono stati bloccati: la colpa è di essere operatrici del sesso e di perpetuare uno stile di vita degradante e potenzialmente nocivo. Le policy di Airbnb vanno a rinforzare quanto fatto negli Stati Uniti per criminalizzare il sex work. In vigore negli USA dal 2018, la legge Sesta-Fosta ha contribuito all’ulteriore marginalizzazione di molte operatrici sessuali, rinforzando una narrativa sessista che con la scusa di redimerle e proteggerle ne lede i diritti sociali, negando loro autonomia sessuale e mobilità. All’aumento dell’utilizzo di tecnologia di sorveglianza e riconoscimento facciale promosso dalla legge è corrisposto un aumento delle denunce di alcune operatrici, ora silenziate online ed esposte a maggiore repressione giudiziaria, discriminazione e ansia. Secondo la performer Bardot Smith, le sex workers rappresentano un simbolo nella lotta contro big tech e sorveglianza di massa, Airbnb compreso. Le piattaforme tendono infatti a escludere le sex workers dalle attività economiche poiché la loro identità, spesso segreta, rappresenta una minaccia al funzionamento del capitalismo digitale, incapace di sorvegliare e quantificare le loro vite. Gli algoritmi di Airbnb stanno mettendo a serio rischio la vita sociale e professionale delle persone ai margini di un’economia che già penalizza persone di colore, queer o con stili di vita non etero-normativi, noncuranti del diritto all’oblio e alla privacy.

È IL CASO di Marlon Peterson, attivista anti-armi che ha scontato dieci anni di prigione negli Usa. Peterson è stato bannato dalla piattaforma a tempo indeterminato mentre cercava di affittare casa dopo aver preso parte alla manifestazione March for Our Lives. In una dichiarazione, Peterson ha accusato la piattaforma di non avere pietà nei confronti di chi commette errori, condannando chi ha già pagato a scontare una pena anche fuori dal carcere. Il capitalismo di piattaforma, con le sue analisi algoritmiche e predittive, rappresenta la continua erosione dei diritti delle minoranze economiche e sociali, automatizzando quelle forme di disuguaglianza già esistenti in gruppi ad alto rischio sorveglianza e repressione