Questa volta approfitto dell’ospitalità de il manifesto per affrontare quello che è sicuramente diventato un “infortunio”, che richiede da parte mia una presa di posizione netta e inequivocabile su un punto, a tutela della mia storia e delle mie opinioni. E non mi riferisco al fatto che diventino un presunto “fuori onda” delle dichiarazioni carpite in un colloquio personale tra me e una mia antica conoscenza giornalistica sulla politica nazionale, alla fine di una intervista fuori da un finto taxi (a proposito di deontologia e diritto d’informazione).

Né mi riferisco al mio rapporto con Nichi Vendola, che conosco da quando poco più che ventenni militavamo insieme ad altri giovani uomini e giovani donne in una federazione giovanile comunista che tentava di rifondarsi in contaminazione con i movimenti e non contro o fuori da essi, scuotendo non poco la cultura di quel partito comunista, dal pacifismo al referendum sul nucleare, dall’ambientalismo ai diritti per tutte e tutti. E Nichi di quel cambiamento fu fonte culturale e testimonianza portando tra noi e in quel mondo i temi dell’omosessualità e dei movimenti per i diritti delle persone omosessuali. Rompendo muri di pregiudizi e di omofobia e diventando di quella Fgci uno dei più autorevoli dirigenti. Io di quell’esperienza mi sento ancora parte e figlio come molti altri che ho reincontrato in questi anni in movimenti, sindacati, associazioni e ora anche in Parlamento, anche su posizioni diverse dalla mia. Il punto che intendo affrontare è proprio il tentativo di sollevare un sospetto di omofobia nella sintesi che di mie parole private sulla vicenda Ilva hanno fatto da alcuni quotidiani e siti.

Non lo consento e non lo permetto perché la battaglia contro l’omofobia e l’affermazione dei diritti delle persone omosessuali, delle loro famiglie e dei loro figli è parte importante della mia storia personale e politica, così come lo è la lotta per i diritti dei lavoratori. Lo rivendico come uomo di sinistra e dei movimenti, temporaneamente in Parlamento con Sel, e voglio testimoniarlo particolarmente oggi che si celebra la giornata internazionale contro l’omofobia.

Se è sull’Ilva che si cercava “l’incidente” si sappia che io penso che in quella vicenda non è mancata la trasparenza del governatore della Puglia. Anche perché i governatori precedenti a Vendola, fino a Fitto, avevano inanellato con i Riva una sequenza di “non vedo, non sento, non parlo”. Vendola se ha una responsabilità politica, ed è un merito, è quella di essere intervenuto dentro un rapporto di forza che vedeva il sindacato indebolito e diviso dal “ricatto” dell’occupazione e i lavoratori spesso utilizzati come ostaggi.

Nichi ha agito senza il sostegno dei governi, dal governo Monti fino al governo Renzi, refrattari a un vero commissariamento pubblico, necessario per dare credibilità alla soluzione della questione Ilva. Perché bisogna che Taranto diventi la città della lotta per il diritto al lavoro, alla piena occupazione e per l’investimento su un nuovo modello produttivo che valorizzi l’ambiente e non lo distrugga.