Giorgio Airaudo (Deputato di Sel e ex responsabile auto della Fiom), Renzi sta lanciando molti ami sul lavoro. A fine gennaio presenterà un pasticcio per accontentare tutti oppure una vera riforma?
Nel dibattito degli ultimi giorni ci sono elementi utili e altri che vanno verificati. Se il tema in discussione è il lavoro, allora questa è una buona notizia. Abbiamo un governo che ha preferito pagare pegno ai ricatti di Berlusconi sull’Imu e quando si è occupato di lavoro in un paese dove ci sono 9 milioni di persone in povertà relativa, e 4 in povertà assoluta, ha concepito un decreto Letta-Giovannini che riguarda solo 35 mila persone. Poi iniziano i problemi.

Quali?
Sono disarmato. Dopo vent’anni di politiche del lavoro incentrate sul taglio del costo del lavoro e sulla riduzione della cosiddetta rigidità del mercato del lavoro, oggi invece di spiegare come creare lavoro, e soprattutto che tipo di lavoro e con quali investimenti crearlo, si torna a sostenere che i lavoratori si devono mettere a disposizione delle esigenze delle imprese.

Si riferisce all’idea del segretario Pd sulla flessibilità «in entrata» e «in uscita» dal rapporto di lavoro?
Se si sta dicendo che i lavoratori devono avere meno diritti in cambio della possibilità di un’assunzione, allora stiamo dando credito ad un falso ideologico. Si sta ragionando sugli assi di una vecchia cultura e non mi stupisce che le proposte richiamate in cambio siano piuttosto antiche.

Si riferisce alla «proposta Boeri-Garibaldi»?
A me non sembra realistica questa idea per cui oggi in Italia i diritti dei lavoratori si consolidino in termini progressivi.

Cosa pensa della sospensione per tre anni dell’articolo 18 per i neo-assunti?
Chi sostiene questa proposta non considera che l’articolo 18 è stato già azzoppato dalla riforma Fornero. Gli effetti si sono visti in questa crisi. Nel 2014, la disoccupazione aumenterà, come credo purtroppo anche i licenziamenti. In queste condizioni vorrei capire perché le imprese dovrebbero rinunciare a licenziare.

In questo caso, lo Stato dovrebbe finanziare i contributi dei lavoratori neo-assunti e, in caso di licenziamento, pagare anche il sussidio di disoccupazione. Almeno questo lo si capisce dagli annunci di Renzi…
Se così fosse, sarebbe una nuova versione dell’egemonia della libertà dell’impresa che in Italia si è incarnata nella libertà di disporre dei lavoratori come meglio ha creduto. Ai lavoratori è stata invece lasciata la libertà, se così la si può chiamare, di rinunciare ai propri diritti e, in molti casi, di pagare per lavorare.

Cosa pensa della proposta sul «contratto unico»?
Vorrei capire se cancella i 46 contratti precari esistenti, se si vuole aggiungere il 47esimo o, ancora peggio, fare la somma di tutte le precarietà esistenti in un contratto unico. Abbiamo bisogno di ricostruire diritti e certezze a partire dalla riforma dell’età pensionabile che è stata allungata. È improbonibile su un mercato del lavoro in cui non si riesce ad entrare. Per fare tutto questo credo sia necessario lanciare un New deal italiano, da proporre anche in Europa, con investimenti pubblici. Come sostiene Luciano Gallino.

Quanto alla proposta di sostituire la Cig in deroga con un «sussidio universale»?
L’uso della Cig in deroga per tamponare l’emergenza disoccupazione è stata autorizzata dall’ex ministro Sacconi. Oggi spendiamo 3 miliardi di euro all’anno. Regioni e imprese la usano diversamente e non c’è dubbio che serva uno strumento meno arbitrario. Ma prima di tutto, bisogna evitare di contrapporre il diritto al reddito a quello al lavoro. Bisogna riunificarli. Se il primo tutela un diritto universale della persona, il secondo viene sancito dalla Costituzione.