I piloti di Air France-Klm sono in sciopero dall’inizio della settimana. Più del 60% degli aerei è rimasto a terra e ormai lo sciopero è a durata “illimitata”. All’origine della protesta c’è il progetto di sviluppo di una filiale, la compagnia low cost Transavia. Air France, che negli anni scorsi ha subito una drastica ristrutturazione (con 9mila tagli di posti di lavoro) vuole fare di Transavia uno dei “leader del low cost paneuropeo”, con 220 aerei (oggi Transavia ne gestisce una cinquantina, a titolo di paragone Easyjet ne ha 300). Air France propone ai 4mila piloti un contratto unico Air France e Transavia, a ribasso rispetto a quello attuale della compagnia storica: non è tanto lo stipendio, che nelle due compagnie è abbastanza simile (le differenze sono più forti per i comandanti di bordo, mentre a inizio carriera sono persino più alti nella filiale low cost), a suscitare la reazione negativa dei piloti, ma i cambiamenti nella condizioni di lavoro. A Air France i piloti volano il 20-25% in meno rispetto alla media delle altre compagnie europee, 600 ore a Air France, sulle 700 in media europea, fino a più di 800 nei low cost. Per la compagnia, un pilota di Air France costa il 70% in più di un collega di Transavia.

Lo sciopero è accusato di essere “corporativo”. Alcuni sindacati del personale navigante o a terra sostengono che i piloti non si sono mossi quando ci sono stati i tagli al personale per la ristrutturazione della compagnia. Il primo ministro, Manuel Valls, si è rivolto ai piloti: “bisogna fermare uno sciopero che non è compreso” dalla popolazione. Per il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, “non è accettabile che un paese venga bloccato da pochi”. Air France perde 15 milioni al giorno a causa dello sciopero, secondo la direzione. A tutto vantaggio dei concorrenti, Easyjet e Ryanair in testa. Il presidente, Alexandre de Juniac, alla testa di Air France da tre anni, spiega: “voglio comprare 22 aerei, assumere mille persone, di cui 250 piloti”. Ma ammette: “certo, non voglio applicare le condizioni di lavoro di Air France a Transavia”, perché “non si fa low cost alle condizioni di una compagnia classica”. Per il presidente, “stiamo giocandoci l’avvenire di Air France”. Per de Juniac “non è questione di pilota polacco”, cioè di concorrenza sleale. Ma Transavia avrà delle “basi” in altri paesi europei, dove ai dipendenti, piloti compresi, verrà “applicato il diritto locale”. Questa era stata una richiesta dei piloti francesi imposta a Ryanair: assumere in Francia con le condizioni del diritto del lavoro francese, più favorevole. Adesso arriva il rovescio della medaglia. C’è anche il timore di nuove delocalizzazioni, Air France ha già spostato parte della manutenzione degli aerei verso paesi con salari più bassi. I piloti, che difendono evidentemente una posizione privilegiata (stipendi da 75mila a 196mila euro l’anno), mettono in evidenza una deriva che riguarda anche molte altre professioni: le condizioni di lavoro si stano degradando, soprattutto per i nuovi arrivati (che, per esempio, nei low cost basati in Europa dell’est devono subite il sistema pay-to-fly, cioè pagare la formazione – intorno ai 20mila euro – e impegnarsi a dare gratuitamente varie ore di volo alla compagnia che ha permesso loro di accedere all’addestramento).