Colpo di scena all’Air France: i lavoratori hanno respinto al 55,44% le proposte della direzione per un nuovo accordo salariale, con una partecipazione all’80% dei 46.600 dipendenti al referendum in linea organizzato dalla direzione dal 26 aprile a ieri. Il presidente, Jean-Marc Janaillac, si è dimesso.

Janaillac aveva voluto aggirare la resistenza sindacale, attraverso il referendum tra i dipendenti. Ma il gioco d’azzardo non ha funzionato. La partecipazione è stata elevata e i dipendenti, non solo i piloti ma anche gli impiegati a terra, hanno respinto le proposte. Il risultato del referendum è arrivato ieri sera, al tredicesimo giorno di sciopero della compagnia aerea. La direzione aveva proposto un aumento del 7% degli stipendi, da oggi fino al 2012, 2% per quest’anno. I sindacati avevano chiesto un aumento del 5,1% subito per tutte le categorie di personale, spiegando che gli stipendi erano bloccati da anni a causa della crisi e che c’era quindi molto da recuperare. La distanza tra la direzione e i sindacati era grande, Janaillac ha sperato di sfruttare la divisione tra i piloti, considerati dei privilegiati e le altre categorie di dipendenti. Ma quello che i sindacati chiamano il «ricatto» di Janaillac è fallito.

Jean-Marc Janaillac, presidente di Air France-Klm dal 2016, ha espresso il suo «immenso dispiacere per non essere stato in grado di ricreare le condizioni di crescita» della compagnia. In una breve dichiarazione, ha annunciato le dimissioni, che aveva messo sul piatto della bilancia proponendo il referendum consultivo (senza vero valore giuridico) e ha parlato di «suicidio» di Air France. Per Janaillac, nella compagnia aerea il dialogo sociale è «d’altri tempi». Air France è a rischio, dice la direzione. Nel primo trimestre di quest’anno, ha accumulato perdite per circa 300 milioni di euro. Paradossalmente, se questo è il costo delle 13 giornate di sciopero, come dice la direzione (ma i sindacati contestano), è maggiore di quello che sarebbe costato l’aumento chiesto dai sindacati, valutato a 240 milioni per lo stesso periodo di tempo. Risultato di un «malessere», uno «spreco» per Janaillac, che spera adesso che Air France riesca a ripartire. Paradossalmente, le richieste di aumenti salariali arrivano adesso in Francia, perché il paese sta uscendo dalle conseguenze della crisi del 2008 e i lavoratori non accettano che siano solo i dirigenti a guadagnare di più (+41% nel 2016).

Per la Cfdt, che non aveva aderito allo sciopero, adesso bisognerà far fronte alle ««conseguenze sconosciute» della crisi aperta dal mancato accordo e dalle dimissioni del presidente. Philippe Evain, del sindacato dei piloti, ha confermato lo sciopero di lunedì a martedì prossimi, una pressione che potrebbe continuare fino alla conclusione di un accordo. Il mercato aereo è in crescita, ma la Cfdt sottolinea che per il momento Air France non ne ha beneficiato.