Air France, i paletti di Palazzo Chigi

Una risposta «di sistema»alla crisi di Alitalia e un tentativo di evitare la «svendita» ad Air France: il premier Enrico Letta e il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, nonostante la sopravvivenza del governo sia ancora incerta, ieri a Palazzo Chigi hanno incontrato banche, società fornitrici, azionisti e vertici della ex compagnia di bandiera.
Si prova appunto a «fare sistema» non tanto per evitare un aumento delle quote da parte di Air France, quanto piuttosto per «sostenere» Alitalia perché sia più forte al momento delle trattative: facendo in modo che l’acquisizione non la trasformi in una semplice divisione regionale del gruppo francese e mantenendo così la centralità degli interessi strategici del nostro Paese. Con il presidente del consiglio Letta e alcuni ministri (oltre a Zanonato, c’erano anche il titolare ai Trasporti Maurizio Lupi e il sottosegretario Filippo Patroni Griffi), hanno affrontato il dossier tutti gli altri soggetti coinvolti: i vertici della compagnia, i rappresentanti di Aeroporti di Roma, delle banche finanziatrici (Unicredit e Intesa) e delle altre società a vario titolo interessate, Sace, Atlantia, Eni. Alitalia sotto il cappello di Air France «va benissimo – ha detto Gilberto Benetton, che detiene l’8% della compagnia attraverso Atlantia – ma si devono vedere anche le condizioni. Bisogna evitare che l’Italia possa diventare solo una regione. L’esecutivo dovrebbe sedersi attorno a un tavolo e trattare: si deve chiarire la governance».
L’imprenditore ha ricordato di aver investito in Alitalia 115 milioni di euro, e ha criticato la decisione del governo Berlusconi di salvare a tutti i costi l’«italianità» della compagnia: «Il governo chiamò, ma forse sarebbe stato meglio lasciare subito tutto ad Air France». Quanto alle ipotesi del coinvolgimento di compagnie come Aeroflot e Etihad, Benetton ha detto «non mi risultano».