Con un breve comunicato, il Sindacato nazionale dei piloti di linea (Snpl), ha annunciato all’alba di domenica la fine del più lungo sciopero da vent’anni a Air France, 14 giorni. I piloti, accusati dal primo ministro, Manuel Valls, di essere “corporativi” e “egoisti”, hanno ottenuto soltanto l’abbandono (momentaneo?) del progetto di Transavia Europe, cioè l’apertura di basi in Portogallo e in Germania della compagnia low cost di Air France, che pero’ continuerà a svilupparsi a tappe forzate in Francia, passando da 14 a 37 aerei in tre anni. Invece, la direzione della compagnia aerea non ha ceduto sul contratto unico, che i piloti chiedevano tra Air France e Transavia.

I piloti hanno sollevato un vero problema: i danni delle delocalizzazioni, l’applicazione di diritti del lavoro e salari al ribasso, mettendo in concorrenza i paesi europei e i contratti imposti dalle compagnie low cost (che in alcuni paesi fanno ormai pagare ai piloti stessi la formazione, con il sistema pay to fly). Ma lo hanno fatto in modo isolato, senza coinvolgere gli altri dipendenti di Air France, che negli ultimi anni, con due piani di ristrutturazione, hanno pagato con il taglio di circa 9mila posti di lavoro. I 4900 piloti di Air France hanno condizioni privilegiate, anche rispetto ai loro colleghi di altre compagnie europee. La direzione afferma che costano il 40% in più dei concorrenti. Lo sciopero è stato male accolto anche dai piloti delle altre compagnie del gruppo, non solo Transavia ma anche Hop!. Lo stato francese ha ancora il 17% di Air France e Manuel Valls ha mostrato i muscoli, giocando la carta dell’intransigenza e sostenendo la direzione, come una prova generale per le prossime battaglie per imporre il rigore in Francia. I piloti, con questo lungo sciopero male accolto dall’opinione pubblica, hanno perso soprattutto sulla cogestione, che era una tradizione e che è stata travolta. “Il tempo della cogestione con i piloti è finito” ha fatto sapere, trionfante, il presidente di Air France, Alexandre de Juniac. Il quale esce pero’ anch’egli molti indebolito dallo sciopero, perché non ha saputo riannodare il dialogo e ha fatto durare la protesta per due settimane, facendo perdere alla compagnia più di 300 milioni di euro, cifra che compromette i conti e il ritorno al bilancio in equilibrio. Secondo il ministro degli esteri e del turismo, Laurent Fabius, 110mila persone sono rimaste a terra e 30mila viaggi d’affari sono andati persi, a vantaggio della concorrenza.