La giornata mondiale contro l’Aids di ieri è caduta proprio nel mezzo di un forte allarme mediatico per il timore suscitato attorno al vaccino contro l’influenza stagionale e per il rischio Ebola.
L’ansia per la propria salute è una delle principali preoccupazioni di ogni essere umano. Ma oggi la salute è anche una delle più redditizie merci sul mercato globale. Big Pharma è al secondo posto nelle piazze finanziarie, dopo l’industria delle armi. C’è chi guadagna sulle morti in guerra e chi sui decessi di coloro che non possono pagarsi le terapie.

Dentro questo paradigma identificativo della nostra società è sempre più difficile usufruire di un’informazione ripulita dagli enormi interessi economici che, con particolare facilità in Italia, condizionano le scelte in campo sanitario.

Solo tra qualche giorno, in seguito a ulteriori accertamenti, sapremo di più sui recenti decessi, ma intanto è bene sapere che molti, tra i ricercatori che oggi appaiono nei media per tranquillizzarci sull’inesistenza di qualunque rischio legato alla vaccinazione della Novartis contro l’influenza, sono esattamente gli stessi che cinque anni fa invitavano con toni apocalittici tutti gli italiani a vaccinarsi contro l’influenza H1N1, l’influenza suina. Preannunciavano una pandemia con milioni di morti. I risultati si conoscono: in un anno, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella regione europea vi sono stati 3.000 decessi mentre la media annuale per un’influenza stagionale è di circa 40.000.

Ma nel frattempo il governo, sospinto dall’allarmismo mediatico e da scienziati ignoranti e/o compiacenti, aveva acquistato 24 milioni di dosi di vaccino (delle quali ne furono utilizzate meno di 1 milione) per una spesa di circa 180 milioni di euro. Nel contratto principale siglato con Novartis, il governo italiano sollevava l’azienda da qualunque danno alla salute provocato dal vaccino, non prevedeva alcuna penale in caso di ritardo nella consegna e se il vaccino non fosse stato autorizzato dalle autorità sanitarie europee il governo avrebbe comunque pagato milioni di euro.

In diverse altre occasioni la paura di malattie infettive è stata invece alimentata ad arte per vendere farmaci e armi ideologiche sul mercato politico.

È il caso del virus Ebola, responsabile di una gravissima epidemia in quattro Paesi africani, ma che, per il veloce ciclo della malattia e per le caratteristiche della sua trasmissione, non costituisce un rischio epidemico in Italia e non è in alcun modo collegato alle migliaia di disperati che attraversano il Mediterraneo. Eppure è diventato una micidiale arma in mano alla Lega per distribuire tonnellate di odio.
Il virus Ebola non è un nuovo agente infettivo; fu identificato in Congo nel 1976, ma la comunità internazionale non realizzò mai una valida sorveglianza sanitaria perché in quella regione non esiste un ricco mercato farmaceutico.

[do action=”citazione”]In Italia oltre 100.000 sieropositivi, 60.000 in terapia, 4mila nuovi casi all’anno[/do]

Sull’Aids invece tutto tace.

Eppure in Italia vi sono oltre 100.000 sieropositivi, 60.000 in terapia, con una spesa che oscilla, tra farmaci e diagnostica, dai 7.000 ai 12.000 euro/persona/anno.

Più di una regione ha già annunciato che non potrà continuare a pagare le terapie. Ogni anno si infettano circa 4.000 persone; ma da tempo non c’è alcuna campagna preventiva. A brindare sono le aziende farmaceutiche: aumentano i pazienti a loro legati per tutta la vita. Anche in questo caso non è semplice stabilire dove finisca la contiguità con Big Pharma e dove inizi la colpevole ignoranza dei responsabili della sanità pubblica, o forse le due caratteristiche convivono in grande armonia.

Non sono invece mancati i finanziamenti per il cosiddetto vaccino italiano contro l’Aids; dal Ministero della Sanità sarebbero arrivati oltre 28 milioni, circa altri 20 dal ministero degli Esteri il tutto per sostenere un progetto che nel 2011, dopo 13 anni dal suo lancio, ricominciava con un differente disegno clinico dalla I fase la quale veniva a sua volta interrotta a causa della non conformità di una proteina, prodotta anche in questo caso dalla Novartis, alle nuove linee guida europee.

Il commissario dell’Istituto Superiore di Sanità ha cancellato, qualche giorno fa, la delibera con la quale il Cda dell’Iss attribuiva per 18 mesi i brevetti conseguiti durante la ricerca sul vaccino ad un’azienda privata, la Vaxxit, i cui maggiori azionisti sono risultati essere la stessa responsabile della ricerca, dipendente dell’Iss, e una società amministrata da un esperto di brevetti che dal maggio 2009 ha prestato una consulenza quadriennale all’Iss in materia di trasferimento tecnologico.

Per una volta è stata bloccata la prassi italiana che vede il pubblico investire nella ricerca e il privato utilizzarne i risultati traendone ingenti profitti. Pratica ancora più odiosa in presenza di macroscopici conflitti interesse.