Se il segretario ad interim del Pd Maurizio Martina ieri avesse fatto un giro tra i 29 gazebo disseminati nei Municipi III e VIII, dove si sono tenute (fino alle 22) le primarie di coalizione per scegliere i candidati minisindaco delle elezioni suppletive municipali del 10 giugno prossimo, avrebbe avuto di certo un’anticipazione significativa degli umori della “base” dem. Trovare infatti qualcuno che tifi per un possibile accordo con il M5S, sia pure a partire da programmi condivisi, pur di dare un governo nazionale al Paese, non è affatto facile.

E se questo può essere vero un po’ dappertutto, in Italia, a Roma in particolare, dove la campagna elettorale del centrosinistra inevitabilmente si gioca anche sui fallimenti della sindaca Virginia Raggi, il malumore è palpabile. Tanto più nei due Municipi (che insieme contano un bacino di elettori maggiori del Molise: 131 mila abitanti nell’VIII e 205 mila nel III) chiamati al voto dopo appena un anno e mezzo dalle elezioni che hanno visto per certi versi inaspettatamente il trionfo dei candidati pentastellati, e dove ancora oggi la sfida più importante si gioca appunto contro il M5S.

«Come andrà dipende molto anche da come si evolverà lo scenario nazionale», spiega il segretario del Pd romano eletto l’estate scorsa, Andrea Casu, che non nasconde la sua preoccupazione. «Abbiamo combattuto e combattiamo per dimostrare tutti i limiti del movimento pentastellato, sia a livello di amministrazione che politico. A Roma il Movimento 5 Stelle lo paghiamo tutti i giorni, come si fa a dimenticarselo?». E infatti in cento, tra militanti e dirigenti della Capitale, ieri hanno firmato un manifesto-appello per non dimenticarlo.

Sarà per questo che nei quartieri del quadrante sud est di Roma, Garbatella, Ostiense o Tor Marancia, storicamente di sinistra, almeno fino al 2016, il via vai attorno ai gazebo era evidente. Poco meno di 3000 persone hanno versato un euro e si sono presentati, scheda elettorale alla mano, per scegliere tra Amedeo Ciaccheri, giovane militante del centro sociale La Strada, e Enzo Foschi, vicecoordinatore regionale del Pd, più vicino a Zingaretti che a Renzi.

Primarie che si sono tenute per la prima volta nell’VIII municipio, al fine di «ridare slancio alla coalizione di centrosinistra» prima ancora che per decidere chi dovrà sfidare il candidato M5S Enrico Lupardini, ex presidente del consiglio municipale, «scelto invece con soli 19 voti durante una riunione di grillini», come non mancano di ricordare in molti, citando le recenti cronache locali.

Tantissimi giovani, ai gazebo, forse più donne che uomini, almeno stando al colpo d’occhio dei presidenti di seggio. Ma tutti, compresi i rappresentanti di lista di entrambi i contendenti, disposti a giurare che «chiunque vinca per noi va bene». Non è solo rispetto formale: qui il percorso verso le primarie di coalizione è stato lungo. Il presidente a 5S Paolo Pace, sfiduciato dal suo stesso partito, si è dimesso dopo appena nove mesi. Da allora il lavoro sul territorio è stato quello di ricostruire una sinistra ampia, e i due candidati non sono venuti fuori a caso: entrambi rappresentano l’ambizione di raccogliere le istanze di più classi sociali, di differenti stili di vita, vissuti, in questa parte della città, su territori diversissimi, dalla campagna alla metropoli.

Molto diversa è la sfida che si gioca nei quartieri Montesacro, Tufello, Talenti, Conca d’Oro o la borgata Fidene, dove le primarie sono state decise appena due settimane fa perché la minisindaca Roberta Capoccioni è stata sfiduciata da soli due mesi dal consiglio del III Municipio. Ora torna a correre con il pieno appoggio di Virginia Raggi e tenta di fare il bis del 20016 quando, al ballottaggio, raccolse 53 mila voti. Qui la sfida a tre nel centrosinistra fa emergere anche il tarlo che ancora corrode il Pd romano e che porta il nome dell’ex sindaco Ignazio Marino: i circa 2200 romani che si sono presentati ieri ai gazebo – pochissimi i giovani, invece, da queste parti, anche per via della composizione sociale di questi quartieri – hanno scelto tra il verde Antonio Comito, la segretaria del Pd municipale, Paola Ilari, e l’ex assessore all’urbanistica della giunta Marino, Giovanni Caudo, sostenuto naturalmente dall’ex sindaco marziano divenuto ormai suo malgrado simbolo della capacità di autodistruzione di un certo Pd renziano.

«Ho votato Caudo perché c’è bisogno di ricostruire un campo ampio», risponde una signora al seggio. E un’altra testimonia: «C’è un rimpianto profondo di come è andata quella stagione. Se quella giunta non fosse stata interrotta, forse non avremmo avuto Raggi e Capoccioni. Né il tracollo di questa città».

«Ma da qui in poi – ribadisce Casu – dobbiamo puntare a ciò che ci unisce, a sinistra, non ciò che ci divide».