‎«A quella ragazza (Ahed Tamimi), avrebbero dovuto sparare almeno al ginocchio, in quel modo sarebbe stata condannata agli arresti domiciliari per tutta la vita». Così su Twitter domenica ha scritto Bezelel Smotrich, deputato del partito nazionalista religioso “Casa Ebraica” parte della maggioranza di governo.

Passano i mesi e la 17enne palestinese di Nabi Saleh, arrestata a dicembre e sotto processo per aver preso a pugni, davanti alla sua casa, due soldati israeliani, continua a essere bersaglio di ministri e deputati israeliani che chiedono per lei una punizione «esemplare». Punizione già decisa: a marzo Ahed Tamimi e sua madre Nariman (detenuta anche lei per aver postato in rete il filmato che mostra
la figlia mentre affronta i due militari) hanno accettato un patteggiamento a otto mesi di reclusione con la corte militare israeliana di Ofer per sottrarsi a una possibile condanna di anni di carcere.

Intanto a Gaza sale a 40 il bilancio di palestinesi uccisi dall’esercito israeliano durante le manifestazioni della «Grande Marcia del Ritorno». Ieri sono deceduti altri due feriti, Mohammed Shomali, 20 anni, e Tahri Wahba, 18 anni.