Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione a Roma si è parlato anche di agroecologia. A portare la voce dei contadini indiani che hanno imboccato la strada dell’agricoltura naturale è Chukki Najundaswamy. Come rappresentante del movimento contadino internazionale La Via Campesina e animatrice degli agricoltori nel Karnataka è promotrice di un cambiamento già in atto. «La Fao parla molto di innovazione, di tecnologia e di dati da analizzare, ma quando si scende sul terreno ogni contadino è innovatore. Non riconoscere questo aspetto è un errore. Facciamo l’esempio delle tecniche che utilizzano i contadini per gestire un parassita come il verme che sta devastando le coltivazioni in India e in molti paesi africani. I contadini sono riusciti ad arginare la diffusione di questi insetti puntando sulla diversificazione in campo. Non si sono verificati attacchi nemmeno nei luoghi in cui gli indigeni hanno utilizzato le varietà tradizionali di mais».
Chukki con voce calma e determinata spiega come ancora alla Fao si discuta dell’opportunità economica dell’agroecologia. Come se fosse solo una tecnologia da applicare e non un sistema radicalmente diverso di concepire l’agricoltura: «L’agroecologia è già una realtà in molti paesi. Non si tratta solo di una tecnica ma di una trasformazione complessiva del sistema».
Lei arriva dal paese simbolo della rivoluzione verde, da un lato, e del dramma dei suicidi tra gli agricoltori, dall’altro…
Perché soprattutto i contadini si suicidano? È una delle domande che tutti i governanti e i politici dovrebbero porsi. I suicidi sono diventati un fenomeno importante dopo il ’96 -’97. Si cominciava a sentire che i contadini erano pronti a vendere i loro organi per pagare i debiti. Secondo la nostra analisi questo fenomeno è coinciso con l’ingresso dell’India all’interno del mercato del WTO nel 1995. L’agricoltura non poteva sottostare alle leggi del mercato soprattutto perché si trattava di un’agricoltura dipendente dalla stagione delle piogge.
Quali sono i risultati della rivoluzione verde?
Gli ultimi 50 anni passati ad usare pesticidi e fertilizzanti hanno trasformato la terra in cemento. Il suolo è morto. Si può continuare a coltivare solo introducendo nuovi fertilizzanti in quantità, contaminando il suolo e le falde. La rivoluzione verde è tra le cause che spingono molti contadini al suicidio. Prendiamo l’esempio del Punjab: 20 anni fa era lo stato del progresso, dell’agricoltura moderna. Oggi i treni che attraversano il Punjab portano pazienti malati di cancro. E molti di loro sono agricoltori. Questo è il risultato della rivoluzione verde. I contadini che una volta erano a capo delle organizzazioni di settore, come i coltivatori di canna da zucchero, oggi sono quelli che si suicidano. Hanno dimenticato come coltivare altri prodotti. La rivoluzione verde ha fatto perdere il contatto con la madre terra e con i sentimenti. Coltivare è diventato solo una questione di guadagno, di aumento della produzione.
Da anni i contadini in India chiedono di vendere i prodotti ad un prezzo equo…
Viviamo da tempo nel cambiamento climatico. Abbiamo attraversato 11 anni consecutivi di siccità in diverse aree, siamo stati colpiti da inondazioni. Nonostante queste calamità, quando i contadini devono accedere al mercato non ottengono il giusto prezzo. Il governo ha fissato quello che ha definito prezzo minimo di supporto, ma non si capisce come lo abbiano calcolato. Non arriva nemmeno a toccare il costo reale della produzione. Non esiste sicurezza sociale, la sanità e la scuola devono essere pagate. In molti casi i contadini non possiedono la terra e se vogliono accedere al credito devono andare da compagnie private di prestito con alti tassi di interesse. E’ un circolo vizioso da cui non si esce.
L’uso della chimica in agricoltura è ancora l’opzione più sponsorizzata dalla ricerca in India?
La lobby delle compagnie che si occupano di semi e della chimica manipola ancora le politiche e le ricerche scientifiche. La maggior parte degli scienziati in India sono contro l’agroecologia e propongono ancora la chimica. L’unica alternativa contemplata è l’agricoltura biologica a livello industriale, destinata all’esportazione o all’elite.
Chukki Najundaswamy è direttrice di Amrita Bhoomi, un centro di formazione per contadini su 26 ettari. Punta alla divulgazione dell’agroecologia, alla conservazione delle sementi indigene e alla promozione di grani antichi.
È stato inaugurato nel 2002 ma il concetto alla base è nato molto tempo prima. L’origine è legata al movimento contro la privatizzazione dei semi. Si trattava di un movimento portato avanti dai contadini dello stato, molto simile alla lotta di Gandhi sul sale. I semi definiscono il controllo sull’agricoltura e sul sistema alimentare. Dall’esperienza di questi movimenti contadini è nato il centro dove conserviamo i nostri semi autoctoni, dove proteggiamo e trasferiamo le conoscenze agricole tradizionali alle generazioni arrivate dopo la rivoluzione verde.
Quali sono le attività svolte dal centro?
Lavoriamo con i movimenti sociali, siamo la scuola di agroecologia de La Via Campesina. Ci basiamo sulla partecipazione volontaria dei contadini. Quando organizziamo le formazioni arrivano fino a 10.000 partecipanti per una settimana. È come un movimento di massa che si diffonde attraverso il paese. I contadini insegnano ad altri contadini. L’organizzazione accoglie anche giovani che vogliono intraprendere la professione agricola nonostante la contrarietà dei genitori. Possono sperimentarsi per una stagione, imparare a crescere i prodotti e dimostrare alla famiglia l’importanza del loro lavoro. Tra le persone che lavorano per Amrita Bhoomi ci sono i Dalit, che appartengono alla casta degli intoccabili e non hanno accesso alla terra. Li abbiamo preparati in campo agricolo e si sono trasformati in un esempio da seguire. Quando organizziamo le formazioni il 30% delle persone viene dalle aree urbane. Sono professionisti che stanno pensando di abbandonare le loro attività per dedicarsi all’agricoltura. Nessuno di loro vuole tornare alla chimica perché hanno visto i risultati che ha portato.
Le alternative agricole si stanno diffondendo in India?
Oramai da 16 anni esiste il movimento agroecologico Zero Budget Natural Farming. È nato dall’idea di uno scienziato contadino di nome Subhash Palekar e prevede la completa autarchia. È libero da ogni legame con il mercato. Il metodo prevede di produrre direttamente i propri semi, non comprare alcun prodotto per la terra e di vendere direttamente al consumatore. Nell’Andhra Pradesh questo movimento è molto sviluppato. Lo stato ha adottato questa filosofia e vuole convertire, entro il 2024, 6 milioni di contadini.
Dal 5 al 11 novembre a Pavia sarà possibile vedere e ascoltare testimonianze sull’esperienza di Amrita Bhoomi, raccontate da Agricultures. La video installazione di Antonio Pacor e Bettina Gozzano dedicata al mondo contadino sarà visitabile nell’ex chiesa di Santa Maria Gualtieri in piazza Vittoria, dalle ore 16 alle ore 19, sabato e domenica dalle 10 alle 19.