Sono passati 10 anni dalla Riforma del Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare, una sorta di IPCC della fame. Se ne mutò mandato, governance e modello quando la crisi alimentare, finanziaria e del lavoro portò il numero di affamati nel mondo a superare il miliardo di persone. Oggi sono 820 milioni, conto tornato a lievitare negli ultimi 3 anni insieme a quello delle persone sovrappeso o obese che superano i due miliardi. Sono i numeri illustrati alla FAO di fronte alle delegazioni governative, le rappresentanze della società civile e del settore privato di tutto il mondo riunite nella 46esima conferenza del CFS.

Ma se i numeri sono pessimi, le parole del CFS sono più interessanti perché sembra che si realizzi finalmente l’urgenza di un cambio di rotta, in consonanza con quanto dibattuto un mese fa nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite quando i fari sono stati a lungo accesi sul caos climatico.

E urgenza è la prima delle parole chiave. Le crisi, interconnesse e di crescente impatto sui sistemi sociali ed ecologici, sono di portata tale da richiedere interventi di carattere immediato: è urgente la presa di coscienza; è urgente l’adozione di politiche appropriate; è urgente un piano di interventi adeguati e incisivi. E azione è una seconda correlata necessità: non limitarsi a proclamare il problema, ma aggredirlo; scendere sul terreno e lavorare a scala locale; adottare strumenti di intervento all’altezza della sfida e quindi mobilitare le risorse necessarie. Su questo piano serve un’accelerazione, terza esortazione chiave: non c’è tempo da perdere e bisogna dare gambe ai cambiamenti necessari sotto forma di politiche e investimenti come di pratiche a livello locale. Ma per fare cosa? Cambiare profondamente il sistema. Trasformazione è infatti l’ulteriore e più ricorrente parola chiave: trasformare l’agricoltura e il sistema alimentare; trasformare il sistema economico; trasformare le relazioni sociali e i processi decisionali. Ed è la stessa rappresentante finlandese che, avendo la presidenza di turno, interviene a nome di tutta l’Unione Europea e reclama una «trasformazione radicale», anche evocando Greta Thunberg.

Uno dei temi chiave in discussione al CFS46 è l’agroecologia, da almeno un decennio evocata per il suo potenziale trasformativo sul sistema produttivo e alimentare. Gli esperti cui è stato affidato il compito di redigere il rapporto sul binomio agroecologia e sicurezza alimentare hanno illustrato due percorsi: uno di carattere «incrementale» volto a rendere più efficiente il ricorso ai fattori di produzione, ma in un quadro sostanzialmente invariato; l’altro, appunto, trasformativo, ovvero capace di modificare le fondamenta del sistema produttivo mettendo al centro il ruolo delle comunità, facendo leva e rispettando i contesti ecologici, riducendo l’impronta chimica e carbonica, dando valore al tema dei diritti alimentari e riorganizzando la distribuzione del cibo.

L’agenda trasformativa dell’agroecologia non è dunque compatibile con quella trasformista. Non è più epoca di timidi aggiustamenti. I luoghi della governance multilaterale, a maggior ragione se partecipati anche dalla società civile, possono dare impulso ad azioni a scala nazionale o locale.
Così, se i numeri sono spietati e le parole stimolanti, si dia ora vita a fatti.