Nel Sud Pontino, mafie e affari, omertà e sfruttamento, negazionismo e coperture eccellenti sono il mix perfetto per governare il territorio. Lo ha capito anche il commercialista Massimo Elesio Giordano che non sapeva che lo Stato non può entrare a Fondi e al Mercato Ortofrutticolo senza il permesso di Giuseppe D’Alterio detto Peppe ‘o marocchino. D’Alterio da circa 25 anni entra ed esce dal carcere per i suoi rapporti con il clan dei casalesi utili per il controllo mafioso del trasporto su gomma dell’ortofrutta pontina e per il traffico di droga.

QUANDO A SETTEMBRE 2018 Giordano viene nominato amministratore giudiziario de «La Suprema srl», la ex società di trasporto di D’Alterio, contatta alcuni operatori locali per mandare avanti l’azienda posta sotto sequestro, allo scopo di dare continuità al lavoro, alle commesse e rendere visibile, appunto, la presenza dello Stato. Ovviamente su tutto questo alcuni «grandi capi» della politica locale non professano parola, a partire dal Senatore Claudio Fazzone di Forza Italia e dall’europarlamentare di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini. E Giordano dopo appena quattro mesi di lavoro dovrà arrendersi. Attorno a lui, infatti, verrà fatta terra bruciata. Fare impresa in quel contesto per riportare la legalità non è facile e non basta muoversi per conto dello Stato.

A FEBBRAIO 2019 L’UNICO vettore che aveva accettato di collaborare con Giordano, ossia Vincenzo Marzocchi, con la Trans Logistica, comunicherà il venire meno delle condizioni per proseguire quel rapporto. Un ripensamento dovuto al pesante condizionamento ambientale di Giuseppe D’Alterio il cui spessore criminale è descritto nell’ultima ordinanza cautelare firmata dal gip di Roma a carico suo e di Giovanni e Luigi D’Alterio, di Crescenzo Pinto, di Anna Milazzo, moglie di Giuseppe D’Alterio, e di Domenico Di Russo.

LA MOGLIE DI D’ALTERIO ha addirittura creato una nuova società, la «Anna Trasporti». Nel contempo veniva bloccata qualunque concorrenza, il tutto con l’aggravante del metodo mafioso, poiché gli indagati «hanno fatto valere il peso criminale della famiglia D’Alterio». Peppe o’ marocchino è stato più volte colto a trasportare droga insieme all’ortofrutta, confermando che il trasporto su gomma è uno dei principali sistemi di importazione di stupefacenti dalla Spagna attraverso la provincia di Latina.

FINORA SOLO UN ALTRO criminale è riuscito a fregarlo. Si tratta di Renato Pugliese, il primo pentito del clan Di Silvio di Latina, figlio di Costantino Di Silvio detto «Cha Cha». Di Silvio, finito in carcere per la rete delle estorsioni nel capoluogo pontino, viene ricordato per la sua stretta amicizia con Pasquale Maietta, già deputato anche lui di Fratelli d’Italia, arrestato nell’operazione Arpalo sul riciclaggio di denaro del Latina Calcio verso la Svizzera e perché imputato nell’omonimo processo tuttora in corso davanti al Tribunale di Latina. Renato Pugliese, in qualità di teste della pubblica accusa perché collaboratore di giustizia, ha raccontato di quando ha domandato a Giuseppe D’Alterio un chilo di cocaina che decise di non pagare. Un affronto inaccettabile che non ha pagato caramente solo perchè figlio di Costantino Di Silvio. Chiunque altro sarebbe stato gambizzato o investito con un autotreno.

TUTTO EMERGE DAL PIÙ FAMOSO processo di mafia celebrato davanti al Tribunale di Latina, ossia «Damasco», sul caso Fondi, a cui aggiungere l’inchiesta «La Paganese» che ha ricostruito l’accordo tra diverse mafie italiane per il trasporto dell’ortofrutta nei vari mercati all’ingrosso e l’imposizione dei prezzi a vettori, produttori e ditte di autotrasporto.

DALLE ULTIME INDAGINI emergono nuovi aspetti di questo sistema criminale a partire, appunto, dall’isolamento in cui ha lavorato l’amministratore giudiziario Giordano, prima di essere obbligato ad arrendersi e a mettere in liquidazione la società. Sono stati «compiuti atti di concorrenza con minaccia in modo da estromettere dal mercato la società Suprema srl in amministrazione giudiziaria… gli indagati hanno impedito, con metodo mafioso, agli altri autotrasportatori, tra cui Vincenzo Marzocchi, titolare della Trans Logistica srl di entrare in rapporti commerciali con la Suprema», in specie con l’amministratore giudiziario definito da tutti «una brava persona, capace, che vuole lavorare».

L’OBIETTIVO ERA DUPLICE: impedire a Giordano di proseguire l’attività e agevolare la neonata società dei D’Alterio, «pulita» perché formalmente intestata alla moglie mentre lui era in carcere a Poggioreale. Tutti però, a Fondi e nel Mof, sapevano che di lì a poco sarebbe stato messo ai domiciliari e allora per «gli infami» sarebbero stati guai seri. La ditta Marzocchi smette infatti di collaborare con Giordano l’11 febbraio 2019, appena due settimane prima degli arresti domiciliari concessi a Giuseppe D’Alterio, e il 12 febbraio 2019 Giordano va a riferire alla Dda di Roma ciò che ha vissuto, avvertendo che sta per recarsi dal giudice che lo ha nominato per un grave fatto avvenuto qualche giorno prima e di cui era appena venuto a conoscenza.

SI TRATTA DELL’IMPOSSIBILITÀ di proseguire la sua attività perché «la ditta a cui si era appoggiato per effettuare i primi viaggi aveva ricevuto delle chiare pressioni e intimidazioni affinché non fornisse l’apporto logistico e di mezzi necessario a far riprendere l’attività di trasporto interrotta il giorno del sequestro e far sì che le cose restassero ferme».

«LA SUPREMA» AVEVA 15 camion quando la Dda ottenne il sequestro e l’arresto di D’Alterio, a settembre 2018. Da quel momento spariranno tutti gli autisti tranne uno, la segretaria non si presenterà più al lavoro fino a dare le dimissioni, nessun operatore del Mof vorrà collaborare e persino uno studente chiamato per un colloquio per un impiego amministrativo alla fine rifiuterà.

QUANDO GIORDANO CHIEDERÀ all’unico vettore i motivi per cui interrompe la collaborazione questi gli dirà: «Io ho famiglia a Fondi, ho l’impresa a Fondi». Dalle intercettazioni emerge che D’Alterio veniva informato su cosa accadeva dentro al Mof e faceva sapere che una volta fuori avrebbe riconquistato in ogni modo le tratte dell’ortofrutta appannaggio della sua famiglia, ossia Fondi-Torino e Fondi-Sardegna, ma anche la tratta per la Calabria e Aprilia. Lavorare per D’Alterio o nulla. Pagare un pizzo di 5 euro a bancale o nulla.

Ecco perché tutti si tirano indietro davanti all’arrivo di Francesco Giordano, che rappresenta lo Stato. Il Procuratore di Roma, Michele Prestipino, lo aveva anticipato, prima di firmare la richiesta di misure cautelari per i D’Alterio e sodali. Meno di un mese fa, durante l’audizione in Commissione Antimafia sul caso Latina, ha detto che la mafia si rigenera e che a Fondi non era cambiato nulla rispetto alle inchieste del 2009. Dichiarazione perfetta, a cui affiancare il mutismo assoluto di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in un territorio in cui è più facile minacciare le voci critiche che le mafie con la loro potenza di fuoco, economico e non solo, e pacchetti di voti.