Sviluppo del territorio, salvaguardia dell’ambiente, tutela della salute: tre obiettivi che appaiono inconciliabili. Ma l’esperienza dei Biodistretti sta dimostrando che è possibile tenere insieme le tre cose. Ma cosa è un Biodistretto? L’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (Aiab) così lo definisce: «E’ una area geografica, non amministrativa ma funzionale, nella quale si stabilisce una alleanza tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni, per la gestione sostenibile delle risorse, sulla base del modello biologico di produzione e consumo». Si afferma, inoltre, che: «Nel Bio-distretto la promozione dei prodotti biologici si deve coniugare indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità, al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche,sociali e culturali».

Il Biodistretto deve nascere, necessariamente, da iniziative che partono dal territorio e in cui si coinvolgono produttori biologici (che operano con i principi e le tecniche del biologico e dell’agroecologia), istituzioni locali, gruppi organizzati di consumatori, operatori turistici, centri di ricerca, scuole.

E’ nel Cilento (provincia di Salerno) che nasce la prima esperienza di Bio-distretto, nell’area in cui è stata «inventata» la dieta mediterranea e che vanta la più alta concentrazione di ultranovantenni in Italia. Che una qualche relazione vi sia tra le due cose, lo dimostra il pellegrinaggio di scienziati che vanno a studiarci sopra. Il Bio-distretto del Cilento si costituisce nel 2004, sostenuto dall’AIAB, ma diventa operativo a partire dal 2009 con l’adesione di 32 Comuni e 400 operatori biologici e con l’atto formale di riconoscimento da parte della Regione Campania.

Qualche riferimento alle attività svolte ci fa comprendere il complesso sistema di relazioni che si instaurano in un Bio-distretto. Al centro di tutto vi sono i produttori biologici che stabiliscono, da una parte, relazioni con fornitori di semi e concimi biologici, vivaisti locali, operatori per la trasformazione dei prodotti e, dall’altra, con gli acquirenti. La collocazione dei prodotti avviene attraverso la vendita in azienda, iniziative promozionali nei mercati, gruppi di acquisto solidale di prodotti biologici, operatori turistici, negozi biologici e supermercati.

Ma il Cilento è anche un territorio ricco di risorse naturali e siti archeologici (Paestum) con un forte richiamo turistico che si traduce in promozione del territorio. Si realizza così la saldatura tra le componenti agricole, ambientali, sociali, culturali, turistiche, eno-gastronomiche.

Partendo dall’esperienza positiva del Cilento,il modello dei Bio-distretti si è rapidamente diffuso in tutta Italia. Attualmente operano sul territorio italiano 25 distretti biologici e altri 23 sono in fase di costituzione. Sono 19 le Regioni in cui i distretti sono stati costituiti, con 40 territori coinvolti. Dal Cilento al Grecanico (Calabria), Panzano e Greve (Toscana),Val di Vara (Liguria), Val di Gresta (Trentino Alto Adige),Valle del Simeto (Sicilia), Colli Euganei (Veneto), Eolie, Valli Valdesi (Piemonte), Val Camonica (Lombardia), Amerina e Forre (Lazio), Il Piceno (Marche), per citare alcune delle realtà.

All’interno dei distretti si ha una grande varietà di produzioni agricole in relazione alle molteplici caratteristiche del suolo e del clima italiano e delle molteplici tradizioni e culture locali, sviluppatesi nel corso dei millenni. E la biodiversità diventa il carattere distintivo di questo modello, con una grande varietà di prodotti: specie ortofrutticole, cereali, prodotti dell’allevamento, vino, olio. Sono prodotti che rappresentano anche un patrimonio culturale e che danno una identità a ciascuna area, favorendo lo sviluppo dell’agriturismo. Emerge, chiaramente, il ruolo che svolgono gli operatori agricoli nei Biodistretti: producono alimenti biologici con le tecniche agroecologiche, svolgono una azione di tutela e presidio del territorio, difendono le risorse naturali (suolo, acqua, aria), contrastano il dissesto idro-geologico, garantiscono la biodiversità, difendono la cultura e le tradizioni locali. In questi anni in cui la crisi economica ha colpito tutte le realtà territoriali, accentuando i fenomeni di povertà, disoccupazione, precarietà, disgregazione e discriminazione sociale. Si può affermare che le attività svolte nei Biodistretti hanno consentito di fronteggiare questi fenomeni.

E’ stata, inoltre, portata avanti, in numerosi Biodistretti, una opera di inclusione sociale di categorie svantaggiate (disabili, tossicodipendenti, immigrati). Proprio un anno fa è stato costituito a Bergamo il primo Biodistretto dell’agricoltura sociale, con l’adesione di 20 cooperative agricole e sociali, che si prefigge, in modo esplicito, di unire l’aspetto economico (sviluppare l’agricoltura biologica) con l’aspetto sociale (l’inserimento di persone disabili e svantaggiate nell’attività agricola). Il ruolo positivo che svolgono i Biodistretti è stato sempre riconosciuto dall’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente (ISDE), una associazione che svolge una attività di prevenzione rispetto ai danni provocati alla salute dai fattori ambientali. In particolare, l’associazione è impegnata a far comprendere lo stretto rapporto che esiste tra agricoltura, ambiente, alimentazione e salute umana. L’ultima iniziativa dell’associazione, che si è tenuta nel mese di novembre a Padova, aveva per oggetto: «Salute e agricoltura biologica: il Biodistretto e le buone pratiche in agricoltura». L’importanza di questo modello di agricoltura biologica in chiave territoriale, che delinea nuovi modelli di sviluppo, produzione e consumo, è stata compresa anche fuori dall’Italia.

In questi ultimi anni, partendo dall’esperienza italiana, sono stati costituiti Biodistretti in Francia, Svizzera, Austria, Spagna, Portogallo, Ungheria, Albania, Slovacchia. E’ nata così la Rete Internazionale dei Biodistretti, che studia le diverse realtà, raccoglie esperienze e promuove iniziative di collegamento tra i territori. L’agricoltura convenzionale, con le sue pratiche produttive e gli squilibri ambientali che provoca, non può che trarne insegnamenti.