In campagna elettorale l’agricoltura non sembra comparire tra gli argomenti di interesse di partiti e candidati. Eppure nella gara di promesse a cui stiamo assistendo, costerebbe poco spararne una anche per il settore, cercando di illudere gli agricoltori che, ad esempio, “con noi al governo mai più ritardi nel pagamento dei contributi”, quelli che la gran parte delle aziende attendono per pareggiare i bilanci, mediamente con 2 anni di ritardo.

Il sospetto che nemmeno si conosca il problema è forte ma probabilmente il motivo principale sta nel fatto che a, differenza di qualche decennio fa, il voto delle campagne non sposta più il risultato complessivo, essendo diminuito drasticamente il numero degli occupati agricoli.

E’ vero, l’agricoltura non è più l’interessante bacino da 4/5 milioni di voti che era una volta ma questa analisi brutale esalta ancora di più l’assenza di visione di un modello di sviluppo e di una strategia su temi decisivi per i cittadini.

Ragionare su quale modello agricolo sostenere significa parlare di quale governo del territorio, quale ambiente, quale alimentazione e quale salute vogliamo per noi e i nostri figli.

Si parla di cambiare l’Europa ma non ci sono idee sulla Politica Agricola. Eppure quasi il 40% del bilancio europeo è impegnato nella PAC che è l’unica politica comune europea, insieme a quella monetaria.

Anzi, visto che siamo proprio in fase di revisione della PAC, stabilire se questa deve sostenere in egual modo sistemi agricoli inquinanti basati sull’uso di pesticidi o sistemi virtuosi e rispettosi dell’ambiente non è cosa di poco conto.

Quando si parla di donne, innovazione, lavoro, giovani, cultura, non c’è mai un riferimento all’agricoltura biologica, il settore emergente che ha il maggior numero di donne titolari d’azienda, lavoratori più giovani di dieci anni della media del settore e con titolo di studio più alto.

Si parla tanto di immigrazione ma nessuna delle parti ha il coraggio di dire che il ”made in Italy agricolo” si basa sulla manodopera fornita da immigrati. C’è solo la prosopopea sulle eccellenze Italiane e si sorvola sul fatto che per difenderle serve svincolare l’agricoltura dallo strapotere delle multinazionali, che controllano la quasi totalità del mercato del seme, dei pesticidi e hanno il monopolio sui marchi agroalimentari.

Si parla di globalizzazione senza fare un ragionamento su cosa questa ha prodotto anche in agricoltura: prezzi frutto di speculazioni finanziarie, con cui si affamano gli agricoltori e si alimenta l’illegalità del lavoro e lo sfruttamento.

I cambiamenti climatici dovrebbero essere tema dominante ma non si va oltre lo stop alle auto e le energie “rinnovabili”. Lo sa la Politica che l’agricoltura è responsabile dell’emissione di un’alta percentuale di gas serra e che il metodo biologico assorbe molto più carbonio di quanto ne emette? Una sua crescita, contribuirebbe al raggiungimento di molti degli obiettivi del Paese.

Insomma, l’agricoltura vale molto di più del numero dei voti che porta ma anche la politica è molto di più di quella che abbiamo lasciato in mano a pochi.