Un giorno scioperano i piemontesi, il giorno dopo gli emiliani, poi tocca ai toscani e via di seguito nelle altre regioni, in tutti i megastore Ikea della penisola. L’agosto di lotta degli oltre seimila addetti della multinazionale è una promessa mantenuta, dopo la rottura di fine luglio delle trattative, e di fronte alla riconfermata volontà della direzione aziendale di cancellare il contratto integrativo. Quello che permette alla grande maggioranza dei dipendenti – circa il 70% di loro ha contratti part-time dalle 20 alle 28 ore settimanali – di prendere in busta dai 900 ai 1.200 euro, quando la paga base oscilla dai 600 agli 850 euro.
A Collegno nel torinese si sono fermati tre volte nelle ultime due settimane. Poi hanno consegnato allo “store manager” un impegno scritto a presentarsi al tavolo delle trattative anche a ferragosto. Ma solo a patto che l’azienda cambi la proposta di rivedere al ribasso sia il premio aziendale – una parte fissa dello stipendio – che le maggiorazioni festive e domenicali.
A Bologna nel megastore di Casalecchio di Reno la protesta si è concentrata all’inizio di questa settimana, con due fermate consecutive e presidi fissi per tutti i turni di lavoro. Proprio partendo dal lavoro è venuta l’idea di affiggere, sul cavalcavia che sovrasta l’asse attrezzato all’altezza dell’Ikea felsinea, un lungo striscione con l’articolo 36 della Costituzione: quello relativo al diritto dei lavoratori a una giusta retribuzione. Per i prossimi giorni c’è il progetto di trasferire la protesta nel cuore di Bologna, con un flash mob-girotondo in piazza Maggiore, in occasione di una delle ultime proiezioni dei film all’aperto che raccolgono sempre un buon pubblico.
Ieri la protesta contro la multinazionale si è svolta per l’intera giornata nel piazzale davanti all’Ikea di Sesto Fiorentino, alle porte del capoluogo. Sciopero come sempre unitario, con la bandiere di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ben esposte davanti a un magastore rimasto aperto solo grazie alla massiccia trasfusione di lavoratori interinali, prenotati per tempo dal management.
“Con Ikea i rapporti sono sempre stati buoni – riepiloga Ilaria Paolini della Filcams – ma questa volta l’azienda, disdettando unilateralmente il contratto integrativo, sta compromettendo la trattativa. E non vuole prendere in considerazione le proposte dei rappresentanti dei lavoratori”. In particolare, spiegano i delegati sindacali, Ikea deve togliere dal tavolo il progetto di un premio aziendale rimodulato in due parti, di cui una fissa “assorbibile” nei futuri, ipotetici aumenti di contratto, e una parte da erogare solo aderendo a un nuovo sistema di gestione dei turni. “Siamo disponibili a trattare sui turni – rispondono i lavoratori – ma i 60 euro fissi mensili del premio aziendale, riconosciuti nell’integrativo che Ikea vuole disdettare, non vanno toccati”.
Di fronte alle proposte aziendali, Filcams & c. sono pronti a discutere anche per migliorare il trattamento relativo alle domeniche e agli altri giorni festivi. E’ l’altro nodo da sciogliere della vertenza, visto che rispetto al passato il progetto di Ikea è quello di tagliare drasticamente le maggiorazioni salariali nei dì di festa. Che però sono essenziali, agli occhi dei lavoratori, per rendere un po’ più corposa la busta paga, facendola arrivare ai 1.000, 1.200 euro mensili a seconda del part time di ogni singolo addetto.
A fine giornata si fanno i conti. L’adesione allo sciopero a Sesto Fiorentino è stata di oltre l’80%. Nonostante che il punto vendita sia rimasto aperto, i lavoratori non demordono: “Per giustificare la disdetta dell’integrativo – ricorda Angela Venditti della Fisascat Cisl – hanno detto che negli ultimi tre anni sono andati in perdita. Ma non è vero. Poi hanno anticipato che nei prossimi anni apriranno altri dieci punti vendita in Italia. Ed è per questo che vogliono tagliare, già da oggi, le nostre paghe”.