Gioco e geometria. Creatività e disegno. Percezione di sé e incontro con gli altri. Mostro il mio «cavallo di battaglia» e lo faccio diventare patrimonio di tutti. È un piacere assistere all’allegra messa in atto di Agon Teens, creazione della coreografa e danzatrice Simona Bertozzi, presentata in prima italiana al Teatro dell’Elfo di Milano per il festival MilanOltre. Un piccolo pezzo risultato da un laboratorio con ragazzini dagli 8 ai 16 anni che mette in luce, come già successo in altri titoli firmati in questi anni con adolescenti e bambini da artisti italiani quali Michele Abbondanza e Antonella Bertoni o Virgilio Sieni, la potenzialità di sviluppo che sulle giovani leve ha l’approccio compositivo della danza contemporanea.
Va ancora una volta sottolineata la cura coreografica di Simona Bertozzi, nonché il suo pensiero articolato sulle dinamiche del corpo in rapporto a gravità e spazio-tempo.

LUMINOSA per rigore dell’elaborazione tra movimento, contesto e musica, la ripresa alla Biennale di Venezia del suo Ilinx sull’Homo Ludens da Roger Caillois, sagace il suo Anatomia presentato al festival Torinodanza, il suo Joie de vivre, dopo MilanOltre, è domani alla NID – New Italian Dance Platform di Reggio Emilia, manifestazione di cui parleremo nelle prossime settimane con i dovuti e imprescindibili distinguo su nomi e lavori ospiti.

Ma torniamo a Agon Teens, un confronto per adolescenti sulla dimensione ludica dell’agonismo. Nel laboratorio con i dieci ragazzini, presi tramite audizione con MilanOltre alcuni mesi fa, Bertozzi ha chiesto ai suoi giovani interpreti di presentare i propri «cavalli di battaglia» nel movimento. E quindi chi cammina sulle mani, chi sfodera acrobazie, chi predilige il corpo come flusso, chi, giovanissimo, presenta acerbi, ma convinti manèges e pirouettes.

Si presentano uno dopo l’altro, guidati da un piccolino dai capelli biondi che dà i tempi con suoni della voce e disegna una grande clessidra con il gesso. Il bello è però che la singola mostra di sé pian piano si interseca con le qualità e il timbro degli altri, si muta, si declina, diventa coreografia condivisa. Qualcosa che regala ai giovanissimi la chiave per scardinare chiusure tra tecniche e metodi di apprendimento, tra preconcetti e diversità, dando alla visione e percezione del sé in movimento una nuova prospettiva di relazione feconda e aperta al nuovo.