Sono in possesso degli inquirenti italiani i documenti di Giulio Regeni, passaporto e due tessere universitarie, consegnati dalle autorità egiziane con una serie di oggetti che, per gli investigatori egiziani – che dovrebbero collaborare – appartenevano al ricercatore sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016. Gli altri «effetti personali» furono sequestrati alla banda di presunti killer, cinque malviventi comuni uccisi in Egitto il 24 marzo 2016 e fatti passare come gli autori del sequestro e dell’assassinio.

Fu la prova, servita su un piatto d’argento, d’un sanguinoso tentativo di depistaggio – così risultò agli investigatori italiani – che dimostrava in realtà come il golpista Al Sisi fosse pronto alla strage pur di non far risalire le responsabilità di sequestro, torture e uccisione di Giulio Regeni direttamente al suo regime. Gli oggetti sarebbero quelli mostrati in foto dopo il blitz contro i cinque malviventi: oltre al passaporto di Giulio e le tessere dell’università di Cambridge e dell’università americana del Cairo anche alcuni presunti effetti personali: occhiali da sole (due modelli da donna), un pezzo di hashish, due borselli neri.

Ora probabilmente i genitori di Giulio verranno convocati dagli investigatori per un nuovo riconoscimento degli «effetti» giunti dal Cairo. Claudio e Paola Regeni, assistiti dall’avvocato Alessandra Ballerini, hanno già in passato compiuto una perizia sulle foto dei presunti effetti personali: emerse che solo i documenti di riconoscimento sono di Giulio mentre l’altro materiale, gli occhiali, la droga e altro, non gli appartenevano.

Siamo dunque di fronte ad un ambiguo «gesto» simbolico di Al Sisi – che a parole assicura «massima collaborazione» a Conte – perché continua a nascondere la verità e a confondere, facendo arrivare «effetti» che facevano parte del depistaggio che aveva costruito. Ora il primo luglio si terrà il vertice tra procure italiane ed egiziane.