«Chi vuole salvare L’Unità deve intervenire adesso, entro luglio, per scongiurare il fallimento. Chi arrivasse anche solo un minuto dopo a comprare la testata a prezzi stracciati non salva il giornale ma fa un’operazione di cinico interesse». Le parole scandite da Bianca Di Giovanni, componente del Cdr, quando ormai è conclusa la conferenza stampa indetta ieri mattina nella sede della redazione romana, in Via Ostiense, tradiscono il timore dei giornalisti e dei poligrafici di accorgersi tra un mese, quando sarà ormai troppo tardi, che dietro i «tanti non detti» di questa ennesima crisi del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ci sia in realtà il progetto di una speculazione, sulla pelle lavoratori.

09pol2 f01 l'unita luca andò buona opia

«Ce la possiamo fare anche stavolta», scriveva il direttore Luca Landò nell’editoriale di domenica scorsa. Ed è probabile che sarà così perché, come egli stesso dice, «L’Unità non è un brand ma è un pezzo di storia dell’Italia: è stato per 20 anni un giornale clandestino durante il fascismo e ha chiuso per otto mesi a causa di una crisi economica ma è stato l’unico giornale al mondo in grado, dopo, di tornare in edicola e di rimanerci». Le parole di Landò arrivano per ultime, dopo quelle di poligrafici e giornalisti dello storico quotidiano a conclusione di un video di 16 minuti, realizzato da Klaus Davi, con il quale la redazione rivolge a Matteo Renzi e una sorta di esortazione collettiva a «fare presto».

Il premier (ma, in questo caso, in primo luogo il segretario del Pd) aveva infatti esternato, durante l’assemblea dei democratici, l’intenzione di non rinunciare ad un quotidiano “organo” di partito pur nella consapevolezza che due sono troppi, soprattutto riguardo l’accesso ai fondi del finanziamento pubblico per l’editoria. Si era parlato di fusione tra Europa e L’Unità, «ma con quale progetto politico e industriale?», chiede Bianca Di Giovanni riportando gli interrogativi che assillano i lavoratori. In realtà la chiusura di Europa sembra inevitabilmente fissata al 30 settembre, come aveva già annunciato il tesoriere del Pd, Bonifazi, durante una delle ultime direzioni del partito rispondendo alle domande di Enzo Bianco, presidente del Cda del quotidiano ereditato dalla Margherita. «Da allora – spiega il direttore Stefano Menichini – non sono emersi fatti nuovi tali da scongiurare questo esito».
Allo stato attuale, l’unica proposta che sembrerebbe essere arrivata al collegio di liquidatori nominati il 12 giugno scorso dalla Nie, la società editrice dell’Unità, è quella di Matteo Fago, l’azionista di riferimento della testata, tramite la newco «Editoriale Novanta». Ma i liquidatori – D’Innella e Papa – l’avrebbero ritenuta poco concreta e ancora allo stato «embrionale» perché priva di un piano industriale. «La cassa – spiega Bianca Di Giovanni – è sostanzialmente vuota, l’unico modo per salvarci è che arrivi un’offerta solida, con un piano industriale convincente. Altrimenti i liquidatori saranno costretti a fine luglio a rimettere il mandato e a portare i libri in Tribunale per la procedura fallimentare». L’ultimo stipendio dei lavoratori risale ad aprile e molti collaboratori non vengono pagati da oltre un anno, spiega il Cdr.

«Siamo all’ultima puntata di scelte scellerate». Da quando, racconta ancora Di Giovanni, «è entrato Renato Soru nel 2008 non ci sono stati investimenti, abbiamo visto solo prepensionamenti, stati di crisi e di solidarietà. Negli ultimi due anni, poi, con l’ingresso nella società di Matteo Fago, ci sono stati due aumenti di capitale che però non hanno portato soldi in cassa ma ridotto soltanto il debito di Soru. Nel frattempo è stata tagliata la distribuzione in Sicilia, Sardegna e Calabria, e hanno chiuso le redazioni locali. È stato fatto quasi scientificamente un lavoro per indebolire il giornale».
Dopo lo sciopero di venerdì scorso, i 57 giornalisti dopo quasi due mesi hanno ripreso a firmare i loro articoli. Ora, con le lacrime agli occhi, come si vede nel video, insieme agli altri lavoratori chiedono solo di «fare presto» ed evitare un’operazione di pura speculazione.