Un giorno di sciopero all’Ansa e due ad Askanews, il quinto ammortizzatore sociale consecutivo al Velino senza l’accordo con il sindacato. In questo difficile quadro si inseriscono anche gli attacchi del governo Conte, con i dioscuri Di Maio e Salvini che attaccano la libertà di stampa e il pluralismo dell’informazione annunciando il taglio del fondo da 59 milioni destinati a 52 testate cooperative e noprofit nell’ancora virtuale legge di bilancio al Senato. Una rappresaglia contro i quotidiani che criticano sistematicamente il governo gialloverde, e rischia di travolgere anche le testate di prossimità e di comunità. Raffaele Lorusso, segretario dei giornalisti Fnsi, ieri a Bari per sostenere i giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno (e della Sicilia), ha criticato il governo che cerca di «cancellare la funzione critica di chi fa informazione e impedire ai cittadini di essere informati».

IL DUPLICE SCIOPERO di Askanews e Ansa ieri ha ricevuto una solidarietà trasversale. I giornalisti di Askanews protestano contro l’ipotesi di ricorso al concordato preventivo, all’ordine del giorno del Cda dell’azienda guidata da Luigi Abete del 24 dicembre, e contro la dichiarazione di 27 esuberi. Oltre ai colleghi dell’Ansa, ieri è arrivato il sostegno del presidente della Camera Roberto Fico (M5S): «I lavoratori hanno fatto sacrifici importanti che non si possono ignorare» ha detto. Sostegno dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso: «Le responsabilità dell’azienda sono chiare – ha detto – E non ricadono sui giornalisti che hanno subito pesati tagli occupazionali e salariali e contrastare una proprietà assente». Il management e la proprietà «giocano con la vita delle persone e delle loro famiglie» ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana/LeU). «Di Maio, in quanto ministro del lavoro, non può ignorare l’appello dei giornalisti» sostiene Elvira Savino (Forza Italia). «Questo esecutivo taglia i fondi dell’editoria, mentre Di Maio si vanta della riduzione delle risorse ai giornali» attacca Luca Ciriani (Fratelli d’Italia). Sostegno anche dal segretario Pd Martina alle «agenzie di stampa che svolgono un compito fondamentale».

SONO SEI ANNI che i giornalisti non ricevono uno stipendio pieno a Askanews. Dal 2012 gli stati di crisi si sono succeduti ad altri, mentre l’editore non si è assunto la responsabilità di investire. La situazione si è complicata ancora di più quando il dipartimento della presidenza del consiglio, all’epoca di Renzi e Lotti come sottosegretario all’editoria, lanciarono l’idea di un «bando europeo» per le agenzie convenzionate. Ne è seguito un caos colossale che ha fatto saltare il pagamento dovuto al servizio erogato e, di fronte al credito vantato ma non ancora riconosciuto, Askanews si è avviata verso una procedura prefallimentare e si è predisposta al taglio di un terzo dei giornalisti. «Il fatto che in dipartimento non ci si assuma la responsabilità di chiudere un accordo con Askanews indica un’assenza di volontà politica e di responsabilità amministrativa che garantisca servizio e occupazione» ha commentato Stampa Romana che ha seguito da vicino la vertenza.

SITUAZIONE DIFFICILE all’Ansa dove ieri i giornalisti hanno scioperato per 24 ore. La storia è molto simile e interroga la cultura del capitalismo editoriale nel nostro paese: gli editori non si assumono la responsabilità di rilanciare il loro prodotto, investono e poi tagliano il costo del lavoro. Dopo anni di crisi che hanno «decimato la redazione» (il 50%), il Comitato di redazione (cdr) critica gli editori che continuano a ragionare con la logica del contenimento dei costi del lavoro, mentre progettano la realizzazione di nuovi prodotti editoriali. Per il momento i vertici aziendali non intendono reintegrare l’organico (20 assunzioni promesse, mentre 8 giornalisti sono rientrati da stati di crisi precedenti). I giornalisti non intendono continuare a subire i problemi di bilancio dell’azienda e rivendicano la natura di «bene pubblico» della prima agenzia stampa in Italia. «Questa storia non può essere cancellata» sostiene l’Fnsi.

LA STORIA DEL VELINO è drammatica. Perso il finanziamento pubblico, il suo editore Simoni «ha usato i giornalisti come bancomat» denuncia Stampa Romana. Dal 6 luglio l’agenzia è in sciopero, il più lungo dell’editoria italiana. L’intero settore delle agenzie avrebbe bisogno di un ripensamento, come in generale quello giornalistico dove la crisi morde, e anche i nuovi oligopoli sono in crisi. E il governo? Festeggia i tagli annunciati dati per «fatti» nella lista di Di Maio sui social.