Il kabilo (Algeria) fa parte della famiglia linguistica conosciuta in Europa come «berbero». La parola ha origini greche e latine (barbarus, ndr) e nella storia ha sempre indicato le persone che provenivano da altre culture. Anche gli arabi, per una curiosa convergenza, hanno chiamato così i popoli conquistati del Nord Africa, facendo coincidere i due etnocentrismi in questa designazione screditante.

L’espansione e lo sviluppo del movimento berbero hanno implicato anche una revisione critica del sistema onomastico. Nominare significa poter esercitare un potere. E un popolo che non può farlo nella propria madrelingua non è libero. In questo contesto, la definizione autoctona di amazigh sostituisce oggi in tutto il Nord Africa il termine «berbero», esogeno e dispregiativo.

LE CLASSIFICAZIONI parlano di «lingue berbere» per il kabilo, il tarift (parlato nella regione del Rif marocchino, ndr), il tachelhit, il mozabito, il tuareg etc, in quanto ognuna è parte di un’unica famiglia linguistica: il «berbero» è dunque «catalogato» a fianco del semitico, il ciadico, il copto. Sono questi i gruppi che vanno a costituire la super famiglia delle lingue afroasiatiche, chiamate anche camito-semitiche.

Una consapevolezza dell’identità affilata dagli estenuanti conflitti con il governo di Algeri, le centinaia di morti causate dalla repressione, la negazione della loro identità o la mancanza di solidarietà nel resto del Paese sono stati i fattori principali che hanno provocato una frattura tra la regione della Kabilia e il potere centrale ritenuto illegittimo, tanto da spingere alcune semplici rivendicazioni identitarie verso vere e proprie richieste di autonomia e autodeterminazione.

È QUESTA UNA TIPOLOGIA di protesta che si sta diffondendo in tutto il Nord Africa, dove sta aumentando la convinzione che lo stato-nazione ipercentrico debba far spazio a un sistema di autonomia regionale, federale o addirittura all’indipendenza di alcune regioni berbere, come soluzione al problema delle diversità culturali nel Nord Africa. Questo movimento ruota attorno a una serie di strumenti per la promozione simbolica della propria cultura – la bandiera, il calendario, l’alfabeto così come il recupero delle tradizioni locali. Allo stesso tempo, il rifiuto del concetto di «arabo» si sta diffondendo tra coloro che parlano il berbero e i social network pullulano di roventi polemiche contro l’arabizzazione, considerata la porta d’ingresso dell’islamismo militante.

Le variegate comunità di lingua berbera non condividono comunque un’evoluzione omogenea, poiché differenti contesti storici, politici, culturali e la loro stessa dispersione geografica hanno contribuito a tracciare le loro peculiarità.
Quella berbera della diaspora in Europa e Nord America ha avuto un ruolo di «ponte» e ha potuto sfruttare Internet e gli spazi di libertà di espressione per rafforzare la consapevolezza dell’identità amazigh. Le più antiche associazioni di kabilo sono nate in Francia e si possono far risalire al 1954. Attualmente, esistono decine di associazioni nei paesi in cui vivono i gruppi amazighe. In Italia, dalla fine del XIX secolo, si è sviluppato un interesse accademico per la lingua e la cultura berbera, grazie all’opera di Francesco Beguinot (1879-1953), poi a studiosi come Luigi Serra e, più recentemente, con i lavori di specialisti come il linguista Vermondo Brugnatelli (Milano) o l’antropologa Anna Maria di Tolla (Napoli). Questi ultimi due ricercatori hanno inoltre avviato la creazione di associazioni e centri di studio berberi che partecipano alla diffusione di quella cultura in Italia.

SCOMMETTERE sulla madrelingua è stato un passaggio importante anche nella scrittura. Ha aperto la strada a nuovi generi letterari. In questo senso, è molto significativo il lavoro dello scrittore Salem Zenia e del regista Samir Ait Belkacem: entrambi sono riusciti ad ampliare l’orizzonte della loro produzione artistica e a includerla in una cornice universale. Per esempio, con l’introduzione della tecnica del doppiaggio in kabilo con un obiettivo molto specifico: una specie di «kabilizzazione» (anche cartoni animati, ndr) ad uso dei bambini, pubblico essenziale, ma finora assai trascurato dalla creazione artistica.

IL PROCESSO di rivendicazione della lingua, inizialmente propagatosi dalla Kabilia, si è diffuso in tutto il Nord Africa, valicando anche i confini di Tamazgha (il complesso di tutti i paesi in cui è parlata una lingua berbera) arrivando fino all’oasi di Siwa in Egitto e alle Isole Canarie in Spagna. Ha portato al riconoscimento del berbero come lingua ufficiale in Marocco e in Algeria, e alla creazione di varie istituzioni con il compito di sovraintendere al suo sviluppo e alla sua introduzione nel sistema scolastico di tali paesi.
In Europa, la Catalogna ha persino introdotto un’esperienza di insegnamento del tarift nelle scuole pubbliche e la città di Melilla, enclave spagnola nel Nord Africa, guarda al riconoscimento del berbero sulla scia dell’applicazione della Carta europea alle lingue regionali o minoritarie.

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SCHEDA. Dallo yoruba al griko e occitano

La rassegna «Premio Ostana: scritture in lingua madre» – appuntamento che ogni anno riunisce a Ostana, paese occitano di 85 abitanti in Valle Po ai piedi del Monviso autori di lingua madre da tutto il mondo – si terrà online il 5 e 6 giugno (premioostana.it). Ci sarà un omaggio a Luis Sepúlveda con una maratona di lettura incrociata de «La gabbianella e il gatto» nelle lingue madri: sardo, catalano algherese, tabarchino, occitano alpino e francoprovenzale. Poi, Bob Holman, presenterà il documentario «Language Matters with Bob Holman». Si parlerà di poesia con Lance David Henson, poeta Cheyenne; l’occitana Aurelia Lassaque; Josephine Bacon, poeta di lingua innu (Canada) e il bretone Antony Heulin. Un tributo sarà dedicato a Max Rouquette (1908-2005): il suo romanzo «Cèrca de Pendariès» era incentrato sulle epidemie di peste che flagellarono la Provenza a metà del 500. Si rifletterà su lingua, politica e società basca con la traduttrice Lurdes Auzmendi; sulla lingua Yorùbá con Kola Tubosun, linguista nigeriano; sul griko, minoranza linguistica storica della Grecìa salentina, e sulla lingua berbera o «tamazight»