«Mancano solo le rifiniture» aveva assicurato il ministro Graziano Delrio il 6 giugno all’inaugurazione della stazione Tav di Afragola: «Da domenica prossima l’hub sarà operativo» aveva concluso. Dopo una settimana, la procura di Napoli nord ha messo i sigilli al parcheggio ovest e all’unico bar accessibile ai viaggiatori. Ieri il procuratore Francesco Greco ha spiegato: «Sulla stazione Tav abbiamo aperto da mesi un’indagine per capire se vi siano state violazioni ambientali e urbanistiche nell’area. Vogliamo accertare se in passato vi sia stato sversamento illecito nel sottosuolo, essendo una zona dove in effetti più volte sono stati accertati sversamenti non autorizzati».

La struttura sarebbe sorta su una discarica abusiva, rendendo la stazione disegnata da Zaha Hadid, costata 60milioni, illegittima dal punto di vista urbanistico: «Su un’area oggetto di interramento illecito di rifiuti – conclude Greco – non sarebbe stato possibile costruire, in quanto sarebbe stata necessaria prima di tutto una caratterizzazione dei rifiuti e una successiva messa in sicurezza o bonifica».

La procura di Napoli Nord sta anche verificando lo stato del luogo, visto che l’hub è ancora in costruzione. I Nas giovedì hanno accertato una serie di violazioni: carenza di kit per il pronto soccorso e la defibrillazione; alcune porte anti-incendio conducono direttamente al cantiere; il sistema antincendio è da verificare; l’impianto di climatizzazione e riciclo dell’aria è sprovvisto del motore. I Nas hanno anche accertato la mancanza di autorizzazione per il bar e il parcheggio ovest. Insomma la stazione non è sicura anche se è stata aperta ai passeggeri. Sull’infrastruttura, poi, pesa l’ombra del clan Moccia, egemone nella zona.

Dei rifiuti interrati si sa almeno dal 2007: la procura di Napoli sequestrò due dei cantieri della Tav che, secondo i pm, sarebbero stati utilizzati come discariche per liberarsi di rifiuti speciali, alcuni provenienti dalle ditte che lavoravano in subappalto alla stessa Tav e altri dalle opere di ampliamento dell’aeroporto di Capodichino. Al centro dell’inchiesta la società Tlem, con sede a Casavatore, 20 gli indagati. Agli arresti domiciliari per corruzione e falso ideologico finirono anche due sottufficiali della Guardia di Finanza. La zona è stata poi sbancata e non si sa come siano stati smaltiti i residui industriali sepolti. E poi c’è il problema delle certificazioni. Il parcheggio ovest era stato classificato a «uso residenziale con frequentazione pedonale fissa e continuata»: le norme impongono la caratterizzazione delle concentrazioni di sostanze contaminanti e il campionamento delle acque di falda. Per chiudere in fretta i lavori, gli uffici comunali potrebbero averlo declassato a uso industriale, per cui sono necessarie meno documenti e le soglie di tolleranza sono più alte. La procura di Napoli nord sta effettuando le verifiche, a cominciare dallo stato della falda che potrebbe essere stata inquinata dagli sversamenti illeciti.

«La storia dei rifiuti qui si sapeva – racconta Iolanda Di Stasio, attivista 5S -, appena avviarono i lavori sbucò una carcassa d’auto intera. E poi il pentito dei casalesi, Carmine Schiavone, ha spiegato più volte cosa hanno seppellito ad Afragola». Di Stasio teme altre sorprese: «Accanto alla Tav c’è una megadiscarica chiusa, Scafatella: una collina di immondizia grande quanto la struttura di Hadid, volevano trasformarla in un parco a tema ma chi sorveglia sulle bonifiche? E poi lì vicino c’è il parcheggio sequestrato ai Moccia. E’ un giro di affari molto preoccupante». Si tratta del parcheggio scoperto nel 2014: terreni agricoli trasformati in un sito abusivo di 700metri quadrati, intestato a prestanome dei Moccia. Le ditte che lavorano alla Tav pagavano per tenerci gli automezzi. La scoperta è frutto del lavoro dell’allora capo della polizia municipale, Luigi Maiello: minacciato di morte, lasciò l’incarico.