A Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, i Talebani ieri hanno messo a segno il più clamoroso colpo degli ultimi anni, uccidendo il governatore della provincia Zalmai Wesa, il responsabile dell’intelligence Abdul Momin e il generale Abdul Raziq. Spregiudicato nei metodi, accusato di detenzioni arbitrarie ed esecuzioni sommarie, Abdul Raziq era considerato un baluardo contro i Talebani.

L’ATTENTATO – sembra che a sparare sia stata una delle guardie del corpo del governatore – è avvenuto all’interno del compound del governatore, alla fine di una riunione di alto livello: illeso il generale Miller, a capo delle truppe americane e di quelle della Nato in Afghanistan. Almeno due gli americani feriti. La morte di Abdul Raziq cambierà gli equilibri militari nel sud del Paese. E segnala l’orientamento dei Talebani, che decidono di colpire obiettivi di altissimo livello due giorni prima delle elezioni. La shura di Quetta – nota Antonio Giustozzi in un dossier uscito per l’Ispi – non ha dubbi: le elezioni vanno sabotate. Ne sarebbero convinti il leader supremo, Haibatullah Akhundzada, il numero due Sirajuddin Haqqani e il capo della Commissione militare, Ibrahim Sadar. A remare contro, invece, mullah Yacub, figlio del defunto mullah Omar, che vorrebbe adottare una strategia di non-belligeranza.

PROPRIO IERI è stato pubblicato un comunicato ufficiale in cui si invitano gli uomini di fede a contrastare e impedire con ogni mezzo le elezioni, contrarie all’Islam e alla sovranità degli afghani. Oltre ai Talebani, si teme la “Provincia del Khorasan”, la branca locale dello Stato islamico, autrice di stragi durante la campagna elettorale. Secondo il ministero degli Interni, saranno quasi 55.000 gli uomini delle forze di sicurezza chiamati a proteggere i 5.100 seggi elettorali.