Il fruscio dei ventilatori si mescola al brusio delle preghiere: prima dell’insegnante del centro di riabilitazione giovanile di Djalalabad, capitale della provincia afgana di Nangarhar, poi dei dodici ragazzi seduti a terra davanti a lui. Sulla lavagna bianca appoggiata su tavolo traballante si mescolano frasi in pashto ed estratti dal Corano. A Mohammed, 16 anni, mancano ancora 4 mesi: recita le sue preghiere davanti ad un altro mullah, «più importante», e a un’altra lavagna, «più ordinata». Desiderava fortemente, dice, «combattere fino alla morte il governo afgano e gli invasori stranieri». Prima di essere arrestato dalle autorità, Mohammed era uno dei...