Pasquale Sansone è docente all’università della Campania “Luigi Vanvitelli” e responsabile regionale della Società italiana di analgesia, anestesia, rianimazione e terapia intensiva. Dai reparti di terapia intensiva del Primo Policlinico di Napoli ha visto tutta l’evoluzione della pandemia dalla primavera a oggi, con l’epicentro che si è progressivamente spostato verso sud. La Campania ha risposto aumentando i posti letto a disposizione per i pazienti Covid in terapia intensiva. Ma tenere il passo della pandemia non è facile. «Un posto letto di terapia intensiva non è un letto con un ventilatore, ma richiede personale medico e infermieristico formato», spiega Sansone.

Quanti sono oggi i posti letto in UTI in Italia, dopo la riorganizzazione legata alla pandemia?

Siamo a oltre cento posti in Campania. Negli ultimi dati si riportavano 37 posti liberi. Se non dovessero bastare, la regione ha già un piano per arrivare a duecento posti letto riservati ai pazienti Covid. Attualmente, l’impegno delle strutture è superiore a quello di marzo e aprile. Ma ad essere sincero la percentuale di mortalità è più bassa di quella vista in Lombardia.

Come si spiega questo dato?

Conosciamo e trattiamo meglio il virus. Inizialmente ci concentravamo sulla ventilazione dei pazienti gravi. Ora si è compreso che la malattia colpisce anche il tessuto endoteliale e il sistema cardiovascolare. I pazienti sono gestiti meglio. La quota di intubati è inferiore rispetto al passato. Le polmoniti da Covid si vedono, ma per fortuna i pazienti sono più eterogenei. Per chi svolge ricerca come me, questi mesi sono stati molto produttivi: tanta letteratura scientifica ci ha fatto conoscere a fondo il virus. Nonostante si riesca ad affrontarlo meglio, però, il virus ci sorprende sempre. Tante cose che davamo per scontate non lo sono affatto. Pensavamo che i giovani potessero essere risparmiati dal virus, ma non è vero. Lo abbiamo imparato la scorsa estate. Nei reparti ce ne sono diversi ricoverati, qualcuno anche con polmonite da Covid.

Come sono state spese le risorse stanziate per la sanità ospedaliera dal decreto Aprile e da quelli successivi?

Da aprile a oggi sono state fatte tante cose: sono stati adeguati reparti in cui non era prevista attività di terapia intensiva, e questo rappresenta un costo non indifferente. Per l’assunzione del personale abbiamo fatto ricorso a tante possibilità, con giovanissimi anestesisti e rianimatori e anche questo rappresenta un costo. Da aprile a oggi, dal punto di vista di chi lavora in prima linea, si è fatto molto.

Il personale reclutato per i pazienti Covid, se i ricoveri crescono ancora, finirà per incidere sul resto dell’assistenza sanitaria.

Ovviamente continuano anche le altre emergenze: ischemie, infarti, incidenti stradali. In Campania ci si organizza per fronteggiare l’emergenza nel migliore dei modi e finora siamo riusciti ad affrontarla. Se non si mantengono tutte le precauzioni contro la pandemia, nessun ospedale potrà reggere l’urto senza collassare. La vera soluzione sta nella sensibilizzazione dei cittadini nell’usare tutte le cautele contro il virus. Bisogna capire che quando indossiamo la mascherina non stiamo limitando la nostra libertà ma ponendo un ostacolo contro il virus. Invece, molte persone ritengono che la malattia possa toccare solo agli altri.