Due giorni fa l’Unhcr ricordava la vicenda di Zain Al Rafeaa il piccolo rifugiato siriano che la regista libanese Nadine Labaki aveva incontrato nelle strade di Beirut facendolo diventare protagonista del film “Capharnaum” celebrato a Cannes. Il dramma della fuga dalla guerra che si trasforma nel sogno di un futuro migliore, addirittura nel cinema. Cercava con i suoi genitori un destino migliore anche il bambino di cinque anni partito dal campo palestinese di Nahr al Bared (Tripoli) di cui ieri sera non si conosceva ancora il nome, annegato venerdì notte mentre su di un barcone partito dal Libano cercava di raggiungere Cipro, l’Europa. Gli altri 38 a bordo, siriani e palestinesi, sono stati tratti in salvo dalla marina libanese. È la prima volta da un anno a questa parte che una imbarcazione di profughi salpa dal Libano diretta verso Cipro.
La morte in mare del bimbo riporta sotto i riflettori il milione e mezzo di rifugiati siriani, un terzo dei quali “illegali”, e il mezzo milione di profughi palestinesi in Libano. L’aumento del numero dei rifugiati palestinesi che si aggregano a quelli siriani nel tentativo di arrivare in Europa è un segnale di ciò che potrebbe avvenire in proporzioni ben più ampie in futuro se l’Amministrazione Trump, con l’appoggio di Israele, porterà a termine il piano per smantellare l’agenzia Unrwa (Onu) e imporre a Libano, Siria e Giordania di assorbire milioni di profughi palestinesi. Beirut a più riprese ha avvertito che non diventeranno mai cittadini libanesi. E visto che Israele continua a negare loro il diritto a tornare nella terra d’origine, un nuovo esilio potrebbe attendere chi ha già perduto tutto 70 anni fa.
In Libano il tema della presenza dei profughi, siriani e palestinesi, è sempre di strettissima attualità, viaggia di pari passo con le trattative infinite per la formazione del nuovo governo attesa da quasi cinque mesi. Gli umori della strada contro i rifugiati sono recepiti dai partiti politici e usati per giustificare un po’ tutto, dalla disoccupazione all’aumento dei prezzi. «È una carta da anni nelle mani di tutte le forze politiche e ora serve a mascherare il fallimento delle trattative per il nuovo esecutivo», ci spiega Jamal Ghosn di al Akhbar «invece di puntare l’attenzione sui veti incrociati dei partiti che hanno portato alla paralisi politica, si preferisce agitare lo spettro dei profughi per spaventare e distrarre la gente». Nel frattempo le autorità libanesi spingono per accelerare il ritorno dei siriani in patria di fronte al relativo ritorno della normalità nelle ampie porzioni di Siria ora sotto il controllo governativo. Il Libano vorrebbe il ritorno a casa dei profughi siriani – avvenuto per ora solo su base volontaria e limitato ad un numero esiguo di famiglie – prima che sia trovato un accordo politico per la fine della guerra. Una posizione non condivisa dall’Unhcr. L’alto commissario per i profughi Filippo Grandi il mese scorso ha ribadito che le condizioni per il rientro in sicurezza dei rifugiati non esistono ancora. Peraltro nelle ultime settimane sono giunti in Libano nuovi profughi dalla zona di Idlib, nella Siria occidentale, dove qualche giorno fa era sul punto di scattare una nuova offensiva militare governativa, poi sospesa, per strappare la regione alle formazioni jihadiste e qaediste. Allo stesso tempo si devono considerare le forti pressioni degli Stati uniti e di alcuni paesi europei sull’Onu affinché non sia avviata la ricostruzione in Siria, anche nelle aree dove non si combatte ormai da anni, e per tenere tutti i profughi dove sono attualmente. Il fine è quello di non riconoscere la vittoria del presidente siriano Assad e dei suoi alleati Iran e Russia.
Intanto anche Cipro chiude le sue coste all’arrivo dei rifugiati siriani. All’inizio del mese ha annunciato di voler negoziare con Beirut un accordo per il rimpatrio dei “clandestini”. Il giornale cipriota Sunday Mail ha pubblicato un reportage nel quale da un lato esalta le buone politiche di accoglienza svolte da Cipro e dall’altro lancia l’allarme sull’aumento dei profughi a Paphos e delle richieste di asilo politico, le più alte in rapporto alla popolazione di tutta l’Ue. Secondo il ministro dell’interno Constantinos Petrides, Cipro si trova di fronte a uno dei più grandi flussi migratori pro capite, con 4.022 richieste di asilo nei primi otto mesi del 2018, il 55 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.