Quando parte un treno verde scuro dalla Corea del Nord, ormai sappiamo che a breve Kim Jong-un comparirà a Pechino. E dire che fino a poco più di un anno fa si speculava su una presunta antipatia reciproca tra il leader coreano e Xi Jinping, il potente numero uno cinese: si diceva che Xi non avesse gradito il fatto che il presidente coreano non fosse mai andato a visitare il suo più grande protettore internazionale.

QUESTE SUPPOSIZIONI facevano perno anche su dati realistici: quando nell’aprile del 2017 Kim fece partire la sua batteria di missili intercontinentali, mandando in escandescenza gli Usa, anche la Cina fece capire a Pyongyang di non gradire. Tutto il tempo passato da allora a oggi è ben riassunto dal quotidiano nazionalista cinese Global Times: all’epoca tuonava contro la Corea del Nord, sostenendo che forse la Cina avrebbe dovuto cominciare a ragionare se ancora valeva la pena difendere i nord coreani.

IERI, ALL’ARRIVO DI KIM per il quarto incontro con Xi nel giro di un anno (le precedenti visite di Kim a Pechino si sono svolte dal 25 al 28 marzo, dal 7 all’8 maggio e dal 19 al 20 giugno del 2018), ha salutato il leader coreano con grande enfasi.

La visita di Kim Jong-un, infatti, arriva in un momento particolare e non solo per il trentacinquenne nord coreano, che proprio ieri ha festeggiato il compleanno a Pechino.

Solitamente, intanto, l’approdo pechinese di Kim è sempre stato propedeutico a qualcosa di importante: la prima volta aveva preceduto il summit, storico, con Moon Jae-in, al confine tra le due Coree, che fu il vero avvio alla distensione nella penisola coreana. Analogamente un altro incontro Xi-Kim aveva anticipato quello di Singapore, anch’esso storico, tra Kim e Trump.

Per la maggior parte degli analisti anche la recente gita pechinese di Kim sarebbe preparatoria per un nuovo incontro con Trump che sembra possa avvenire a breve (proprio ieri, con grande tempismo, il Vietnam si è offerto come location per l’eventuale summit).

MA NON C’È SOLO QUESTO: Kim è arrivato a Pechino nel bel mezzo del primo round di incontri tra Cina e Usa per quanto riguarda i dazi. Non pochi hanno notato che Kim è giunto in Cina con la moglie Ri Sol-ju e con il capo dei negoziatori nordcoreani con la controparte americana. Ci si chiede, dunque, se Kim non possa diventare una carta nelle mani di Xi per negoziare sui dazi con Trump. Di sicuro Kim e Xi si confronteranno su come condurre i negoziati per il nucleare con gli Usa; Pechino sta spingendo, insieme a Mosca, per un allentamento delle sanzioni contro Pyongyang.

Ma è innegabile che Kim possa diventare un grimaldello per la Cina nella più complessa partita con gli Stati uniti, come a dire a Washington che i due negoziati non sono per forza a compartimenti stagni (e intanto la stampa americana ha deciso di spingere sull’acceleratore contro la Cina: il Wall Street Journal con un reportage sulle intromissioni cinesi nello scandalo malesia «1Mdb», la Reuters su presunti legami, dimostrati – secondo l’agenzia – da documenti visionati, della Huawei con l’Iran).

IN QUESTI GIORNI – INOLTRE – a Pechino si è tenuto anche il meeting del comitato centrale del Pcc: sono momenti frizzanti, dunque, aiutati da un cielo blu che nella capitale cinese non è proprio una costante. Anche il summit dei più potenti politici cinesi potrebbe essere attinente a questa girandola diplomatica: Pechino si prepara all’ottobre del 2019, quando la Repubblica popolare compirà 70 anni; per quel tempo il Pcc si aspetta che il paese abbia raggiunto una «moderata prosperità».

Questo «desiderata» non deve tranne in inganno: non è soltanto un obiettivo. Significa che la Cina terrà duro nel negoziato con gli Usa per arrivare a ottobre con una crescita che non desti alcuna preoccupazione nella popolazione