Almeno due cadaveri in balia delle onde, avvistati da un elicottero della Guardia costiera sulla spiaggia della riserva naturale di Torre Salsa a Siculiana, in provincia di Agrigento. Così ieri mattina le autorità italiane si sono accorte dello sbarco di una trentina di migranti sul litorale siciliano. Sono partiti dalla Libia, hanno raccontato ai mediatori culturali, sull’imbarcazione sarebbero saliti in circa quaranta, provenienti dal Nord Africa, ma circa dieci di loro non sarebbe riuscita ad approdare. In quindici sono stati intercettati dalle autorità, altri si sono allontanati rapidamente. Sarebbero stati abbandonati in mare al largo della spiaggia, hanno spiegato: chi non è riuscito a nuotare fino a riva, è annegato nel tentativo di arrivare sulla terra ferma. Ma altri avrebbero raccontato una storia differente: sarebbero arrivati a bordo di un’imbarcazione troppo piccola per contenerli tutti, così una decina di passeggeri sarebbe finita fuoribordo, annegando.

Carabinieri, Guardia costiera e Guardia di finanza hanno proseguito le ricerche tutto il giorno. Dei due cadaveri avvistati, uno è stato recuperato ma l’altro è stato portato via dalla forte risacca. Il bilancio dell’ennesima tragedia nel Mediterraneo, mentre l’Europa alza muri a raffica, potrebbe però essere molto più pesante. L’associazione «Mareamico» denuncia: «Sono frequenti gli sbarchi su questa spiaggia che, essendo riserva naturale, d’inverno è poco controllata poiché lontana dai centri abitati». Nel pomeriggio le autorità hanno sequestrato un’imbarcazione di circa sei metri, con la quale probabilmente i migranti sono arrivati a Torre Salsa. I quindici (di cui almeno due minori) bloccati dai carabinieri sono stati portati in questura ad Agrigento, dove c’è l’ufficio per le identificazioni. La Procura locale ha aperto un fascicolo d’inchiesta. «È un film che abbiamo già visto e che, purtroppo, rischiamo di continuare a vedere nei prossimi mesi, quando con la bella stagione i flussi migratori sono destinati ad aumentare – ha commentato il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto -. Siamo davanti a un esodo biblico che non può essere affrontato con le politiche dei singoli stati».

Giovedì la polizia ha fermato cinque africani (Mamma Samba Mbalou senegalese di 50 anni; Mohamad Traoure, originario del Mali, 22 anni; Maxi Sar, senegalese, 18 anni e due giovani di 16 anni) con l’accusa di essere gli scafisti responsabili della traversata di 367 migranti soccorsi mercoledì a Pozzallo. Il gruppo si è salvato perché, dopo poche ore di navigazione, ha chiamato i soccorsi: la nave militare Fulgosi li ha intercettati e portati nel ragusano. Secondo Unhcr, Unicef e Organizzazione internazionale per le migrazioni, dall’inizio dell’anno sono morti 410 degli 80mila migranti che hanno attraversato il Mediterraneo orientale, almeno 340 i bambini deceduti da settembre.

«Un migrante su quattro tra coloro che sono sbarcati dall’inizio dell’anno sulle nostre coste è una donna o un bambino – spiega Save the Children – e ogni giorno ognuno di loro rischia la vita per arrivare in Europa». Dal primo gennaio al 17 febbraio sarebbero oltre 6.550 i migranti approdati in Italia: circa 500 donne e oltre 930 minori, 910 dei quali hanno affrontato il viaggio da soli. Per l’organizzazione a tutela dell’infanzia, «è gravissimo che questo avvenga mentre i capi di stato e di governo europei continuano a discutere senza riuscire ad attivare una strategia comune». Per Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children, è necessaria «la creazione di canali sicuri per consentire ai profughi di raggiungere il continente. Se l’Europa non riuscirà a far fronte alla crisi migratoria con una risposta comune avrà fallito, minando non solo le fondamenta del diritto internazionale dei rifugiati e dei diritti umani, ma anche i principi fondamentali di libertà e prosperità che gli europei hanno costruito per loro stessi».

La lista dei morti nei naufragi del Canale di Sicilia si fa sempre più lunga. Il 19 maggio 2015 annegarono oltre 900 persone: un barcone si ribaltò in alto mare mentre erano in arrivo i soccorsi. La più grande tragedia del Mediterraneo per numero di vittime accertate. L’11 febbraio dello stesso anno, al largo di Lampedusa, 29 profughi morirono per ipotermia: quando arrivarono i soccorsi, sette erano già deceduti.