Mentre gli exit poll danno in vantaggio il No, tra i terremotati a vincere è stata la sfiducia. Nei paesi demoliti dalle scosse del 24 agosto e di fine ottobre, l’affluenza è stata mediamente più bassa rispetto alla media nazionale, in alcuni casi anche in maniera drammatica, con percentuali da deserto.

Le cose sono andate malissimo al confine tra le Marche e il Lazio e poco meglio nel maceratese, dove il sisma si è fatto sentire due mesi dopo e tutti si sono fatti trovare maggiormente preparati ad affrontare l’emergenza.

Ad Amatrice, l’affluenza si è fermata a quota 40,39%, ad Accumoli al 24,95%, a Norcia alle 19 era al 35,96%, a Visso al 54,68%, a Camerino 48,91% alle 19. In linea con i dati nazionali invece i capoluoghi Ascoli Piceno e Macerata. Sotto alla media, ma di poco, Rieti che alle 19 era al 56,24% (18.71% alle 12).

Nessun dato rilevato invece per Arquata del Tronto, Acquacanina, Castelsantangelo sul Nera e Ussita: i paesi fantasma, quelli in cui tutti i cittadini sono stati sgomberati e trasferiti sugli hotel della costa adriatica. Qui i seggi sono stati allestiti insieme a quelli dei vari comuni e per il dato scorporato bisognerà attendere i conti della giornata di oggi.

Chi ha scelto di votare al referendum ha dovuto fare richiesta di iscrizione alle liste elettorali, operazione che, con ogni probabilità, ha allontanato dalle urne un certo numero di elettori. Il terremoto, alla fine, ha contribuito ad alimentare la disaffezione per la politica. Il risultato finale del referendum è soltanto una conseguenza secondaria: la verità è che, tra chi ha perso tutto, il sentimento prevalente è stato quello della delusione. Delusione per una ricostruzione che tarda ad arrivare, per una gestione del terremoto affidata più alla buona volontà dei singoli che a un piano reale, fattibile, palpabile.

A regnare, dunque, è stata la disaffezione, la lontananza dal voto, l’indifferenza per una questione che non sembra in cima alla lista delle priorità di chi si è trovato spazzato via dal terremoto. D’altra parte bisogna rilevare come gli interventi più sostanziosi stiano arrivando soltanto adesso e che per diversi mesi gli abitanti dei comuni tra l’Umbria, le Marche, il Lazio e l’Abruzzo si sono sentiti ai margini del dibattito: malgrado le tante visite istituzionali, le strade sono ancora piene di macerie, la vita stenta a ripartire e le prospettive future appaiono quantomai incerte.

In questo contesto si è inserito il referendum costituzionale: da notare, oltretutto, che la campagna elettorale da queste parti sostanzilamente non è andata in scena. Cioè, se le visite del premier Matteo Renzi sono state sempre degli spot o poco più, quelli del No si sono fatti vedere poco o niente: l’isolamento, in pratica, è stato totale. Tra chi invocava il rispetto per la situazione difficile e chi, comunque, ha deciso di entrare nel dibattito, alla fine ha prevalso l’indifferenza.