Di chi è la paternità dell’inchiesta sugli appartamenti del comune di Roma dati in affitto, in pieno centro storico, a canoni irrisori? Perché l’operazione trasparenza sul patrimonio immobiliare capitolino avviata negli ultimi anni si è incagliata, e chi ne ha la responsabilità? Ognuno ha la sua risposta. Perché il clamore  suscitato dalla cosiddetta «affittopoli», scoperchiata, a suo dire, dal commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, diventa terreno di scontro politico in vista delle prossime amministrative.

Comincia l’ex sindaco Ignazio Marino che, ospite di Repubblica Tv, rivendica: «Ciò che il commissario di Roma, che deve eseguire le disposizioni del governo Renzi, ha astutamente portato alla ribalta è uno degli elementi sul quale avevo centrato la mia consiliatura e la gestione della città. Già a marzo 2015 avevamo pubblicato sul sito del Comune di Roma l’elenco degli affitti e delle locazioni del patrimonio capitolino».

Ne parla ma non pronuncia mai il nome di Tronca, il quale invece si era attribuito l’iniziativa del censimento che ha individuato, solo nel I Municipio, 574 affitti fuori mercato, con una stima approssimativa di circa 100 milioni di costi annui per le casse del Campidoglio. Canoni da 10,29 euro al mese per un appartamento a Borgo Pio, per esempio, o da 25,64 euro mensili in via del Colosseo. La nota del commissario suonava come un avvertimento: «Sono in corso ulteriori accertamenti al fine di verificare se vi siano occupazioni abusive», e per individuare i «dirigenti che si sono succeduti nella gestione del patrimonio e che hanno stipulato i contratti ovvero hanno omesso l’aggiornamento dei canoni di locazione».

Marino va al contrattacco e allarga il tiro: «Mi stupisco che di questo tema i cosiddetti candidati di sinistra a sindaco non ne parlino perché hanno avuto ruoli importanti sia nel governo Rutelli e Veltroni – dice riferendosi al radicale Roberto Giachetti e al dem Roberto Morassut – Su affittopoli negli anni ’90 e 2000 Rutelli e Veltroni avevano avuto la possibilità di fare la stessa operazione di completa trasparenza fatta da noi nel 2013, ma nessuno lo aveva mai fatto prima. Siamo stati allontanati per questo».

Da qui alla sua possibile candidatura, il passo è breve. Ma non c’è nulla di nuovo: «Moltissime persone mi chiedono un impegno, mi dispiace lasciare un’operazione incompiuta», ripete l’ex marziano silurato dal suo «stesso partito che è andato da un notaio con gli eletti della destra» e ha «rotto» così il patto delle primarie. Dunque c’è ancora tempo per pensarci su: «In questo momento non c’è nessuna scadenza».

La scadenza invece è relativamente vicina per i candidati dem alle primarie del centrosinistra perché il Pd non esce illeso dal censimento sugli immobili capitolini infruttuosi. E infatti Il M5S attacca: «Dalla centralissima sede di via dei Giubbonari, dietro Campo de’ Fiori, a quelle in periferia, il Pd deve alla città centinaia di migliaia di euro, e ora questi debiti devono essere ripagati». «Presidente Orfini i soldi dei vostri affitti li ridate ai romani o no?», cinguetta – si fa per dire – Alessandro Di Battista su twitter. E il presidente del Pd, commissario di Roma, ribatte: «Caro Di Battista, caschi male: mesi fa ho scritto al Comune chiedendo di pagare i debiti. Tu piuttosto facci vedere i vostri oscuri bilanci».

Finché Stefano Pedica è costretto ad esortare il suo partito a dare «subito il buon esempio. Davanti allo scandalo di affittopoli il Pd romano non può restare con le mani in mano: lasci tutte le sedi ottenute dal Comune di Roma a prezzi stracciati e saldi subito il conto dei circoli morosi». E Morassut snocciola i conti di quante «clamorose operazioni di sgombero di situazioni di illegalità al limite della criminalità, incancrenite da anni» siano state compiute prima dell’era Alemanno, poi «il buio» fino a che «il vicesindaco Causi, della giunta Marino, riprese a occuparsi del problema».

Un «rimpallo di responsabilità» tra le amministrazioni che Stefano Fassina, candidato sindaco per Sinistra italiana, giudica «imbarazzante». Piuttosto, dice, «sarebbe utile capire perché, in 17 anni di ininterrotto governo della città, durante il mitico “Modello Roma”, quando Giachetti era capo gabinetto del Sindaco Rutelli e Morassut assessore all’urbanistica della Giunta Veltroni, non si è fatto un serio censimento del patrimonio e un’operazione di trasparenza e equità».