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Affilare i pungiglioni per salvare i castagneti italiani

Affilare i pungiglioni per salvare i castagneti italiani

Il fatto della settimana La storia esemplare della lotta biologica che ha salvato le castagne nostrane da un insetto esotico molto aggressivo

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 15 novembre 2018

Le complesse relazioni ecologiche che esistono in un castagneto impongono un elevato livello di attenzione. La comparsa all’inizio del 2000 nei castagneti della provincia di Cuneo di escrescenze (galle) che ostacolavano lo sviluppo delle foglie e dei fiori, impedendo la formazione del frutto, fece subito comprendere che si trattava di una cosa seria e che «l’italico albero del pane» stava correndo un grave pericolo.

NEL SECOLO SCORSO ALTRE GRAVI epidemie hanno attaccato i castagneti italiani, in particolare il «mal d’inchiostro» e il «cancro della corteccia», entrambi causati da funghi patogeni, con ingenti danni all’ecosistema del castagno. Ma questa volta il livello di allarme era particolarmente elevato. Dopo una serie di ricerche si comprende che il responsabile è un insetto esotico (Dricosmus kuriphilus), un imenottero proveniente dal nord della Cina e a cui viene subito affibbiato il nome di «vespa cinese» o Cinipede gallico.
Si ritiene sia arrivato con le piantine di castagno importate dall’Asia da parte di qualche vivaista. Ogni anno arriva in Europa qualche nuovo insetto esotico che cerca di adattarsi alle nuove condizioni ambientali e la sua sorte dipende dalle relazioni che instaura con gli altri organismi viventi. Il Cinipide incontra condizioni favorevoli e mostra di trovarsi a suo agio nei 5000 ettari di castagneti cunesi, una delle principali aree produttive italiane di castagne.

LA SUA CAPACITA’ DISTRUTTIVA E’ ELEVATA e si diffonde rapidamente senza incontrare ostacoli, perché sul territorio italiano non ha antagonisti naturali. In Italia non sono autorizzati insetticidi per il controllo del Cinipide, ma vengono intrapresi trattamenti sperimentali con diversi prodotti. I trattamenti effettuati non mostrano alcuna efficacia, causando, al contrario, un aumento dei livelli di infestazione del parassita, come conseguenza dell’eliminazione di quegli insetti che possono limitare la sua proliferazione.
Nel giro di qualche anno l’infezione si estende a gran parte dei castagneti della provincia di Cuneo e, in seguito, a tutte le regioni del nord Italia. Nel 2008 viene colonizzata la Toscana e da qui la malattia si diffonde nelle regioni del centro-sud. La situazione è tale da far temere la distruzione dei castagneti italiani. Si rende necessario un approccio diverso al problema.
Nell’Università di Torino, già a partire dal 2003, nel Centro di Entomologia applicata gestito dal professor Alberto Alma, era stata intrapresa una ricerca per studiare il parassita e individuare i suoi antagonisti più efficaci, nella convinzione che solamente la lotta biologica potesse rappresentare l’unica via d’uscita. Dagli studi emerge che in natura esiste un altro imenottero antagonista del Cinipede in grado di parassitare le sue larve. Si tratta del Torymus sinensis, un altro imenottero che agisce nella stessa area da cui è arrivato il parassita del castagno.

L’unico modo per rispondere all’invasione della vespa cinese è, dunque, quello di opporgli sul campo un altro insetto esotico. I ricercatori torinesi ritengono importante cercare un antagonista nella stessa area di origine del parassita perché dove esso coesiste col Torymus sinensis si è creata una situazione di equilibrio fra i due insetti. A questo punto si vuole raggiungere lo stesso equilibrio nei castagneti italiani, attraverso l’introduzione dell’antagonista, prima che la vespa cinese produca danni irreversibili.

I RICERCATORI SI RECANO IN GIAPPONE, dove è stato già sperimentato l’impiego dell’insetto antagonista, per osservare sul campo la lotta tra insetti. Si comprende che è possibile impiegare l’antagonista anche in Italia. Vengono messe a punto le tecniche di riproduzione, si creano aree di riproduzione controllata. In collaborazione col Servizio Forestale si individuano sul territorio i siti di liberazione dell’insetto antagonista. L’operazione parte nel 2005 dal Piemonte, effettuando le prime immissioni nelle aree di infezione. Successivamente gli interventi interessano Liguria, Veneto, Lazio, Toscana.

LA LIBERAZIONE DEGLI INSETTI antagonisti (individui femmine e maschi nel rapporto di 2 a 1) avviene a intervalli regolari di tempo fino a raggiungere la densità desiderata in ciascun territorio. Afferma il professor Alma: «Per ogni organismo presente in un ambiente si determina una situazione di equilibrio, se l’ambiente funziona. La lotta biologica è l’impiego consapevole degli antagonisti naturali per il controllo degli organismi nocivi. Attraverso la lotta biologica si mantengono gli organismi in uno stato di equilibrio, controllando le specie che creano problemi».

SONO NECESSARI ALMENO TRE ANNI all’antagonista, dal momento dell’immissione in un territorio, per raggiungere il pieno insediamento e svolgere la sua opera. «Si tratta di applicare un metodo propagativo che permette un controllo biologico permanente, un investimento duraturo nel tempo», afferma ancora il professor Alma.

Il lavoro svolto ha consentito di raggiungere risultati straordinari che hanno sorpreso non solo i coltivatori, ma anche quella parte di mondo scientifico che aveva guardato con scetticismo all’esperimento. I risultati raggiunti attraverso la lotta biologica consentono di affermare che nelle regioni del nord, dove le popolazioni dell’insetto antagonista si sono oramai diffuse e ben consolidate, il problema è stato declassato a un livello di pericolosità fisiologica. Nelle regioni del centro-sud, invece, dove l’immissione è stata operata più tardi, non si è ancora espresso il potenziale dell’antagonista ed è necessario attendere ancora 2-3 anni per ottenere un risultato ottimale.

L’ISPRA (ISTITUTO SUPERIORE per la protezione e la ricerca ambientale) appena un mese fa ha pubblicato un rapporto sulle azioni intraprese nei confronti del parassita del castagno, sottolineando «l’importanza che sta avendo la lotta biologica che essa si è dimostrata la soluzione più ecosostenibile per salvare il castagno dall’azione distruttiva del Cinipide».

Il rapporto sottolinea, inoltre, che i boschi italiani sono particolarmente esposti all’azione di insetti provenienti da altre zone del pianeta e che l’uso indiscriminato di pesticidi ha portato all’ alterazione dell’equilibrio tra insetti fitofagi (che si nutrono di piante) e insetti entomofagi (che si nutrono di altri insetti). La vespa cinese viene oramai segnalata in tutti i castagneti d’Europa, ma i vari paesi possono contare sull’esperienza italiana per affrontare il parassita.

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