Gli stipendi dei 2.200 addetti diretti delle Acciaierie di Piombino – pur ribassati per i contratti di solidarietà – sono salvi fino a tutto il 2018. Per il resto c’è solo da incrociare le dita e vedere se Issad Rebrab riuscirà a recuperare i suoi ingenti capitali dall’Algeria. Oppure se le banche italiane faranno finalmente credito ad Aferpi, come chiede da tempo, fra i tanti, anche Enrico Rossi. Questa la sintesi del vertice al ministero dello sviluppo economico sul caso Piombino, preceduto dal rinnovo del periodo biennale di vigilanza, fino al giugno 2019, del commissario straordinario su Aferpi.
“Abbiamo portato a casa la conferma del piano industriale – tira le somme Rosario Rappa della Fiom – e dei 2.200 occupati che facevano parte dell’accordo di programma del 2015. Con tre pezzi: la siderurgia, i laminatoi e la logistica”. Il responsabile siderurgia dei metalmeccanici Cgil, anche davanti a uno scenario lievemente migliore rispetto a quello che ha condotto giovedì allo sciopero e alla manifestazione che ha bloccato per ore la mobilità nell’intera Val di Cornia, non nasconde che la strada è lunga: “Abbiamo ottenuto quel che volevamo, ma si tratta di applicare cose che non sono state fatte nei due anni precedenti”.
Nel documento firmato al Mise è sancito l’impegno di Aferpi a riprendere l’attività produttiva con precise tempistiche: la scadenza per la ripresa dell’attività di laminazione è ad agosto per le rotaie, e ad ottobre per barre e vergella. Per il piano di liberazione delle aree in via dismissione c’è un termine per gli smantellamenti di impianti piccoli con fine lavori a settembre, e l’assegnazione degli ordini entro ottobre per lo smantellamento degli impianti più grandi. Ad ottobre è prevista anche la verifica sull’emissione degli ordini, poi ogni sei mesi a partire dal gennaio 2018.
“Da qui a fine ottobre – sintetizza Rappa – Issad Rebrab dovrà trovare un partner o presentare un piano che recuperi i laminatoi e il forno elettrico, oggi il ministro Calenda ci ha rassicurati sulla ripartenza dei laminatoi. A ottobre, contestualmente, dovrà essere presentato un piano sulla logistica e sull’agroindustria”. Quanto all’ipotesi di un gruppo siderurgico che supporti Rebrab, il dirigente Fiom appare più scettico e ricorda: “Le ipotesi sono British Steel, Jindal e un altro soggetto non meglio identificato. Di sicuro non può arrivare un nuovo socio e impegnarsi sui laminatoi senza pensare al forno elettrico. In questo caso verrebbe messo in discussione il contratto, perché per noi è importante che a Piombino torni a colare l’acciaio. Entro il 31 ottobre sapremo”.
Alla latitanza degli istituti di credito per finanziare la siderurgia piombinese, va aggiunta quella dello Stato per le necessarie bonifiche. Anche su questo versante i finanziamenti, pur sottoscritti, arrivano con il contagocce. Come se al governo, anzi ai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, interessi poco o nulla del futuro del secondo polo siderurgico italiano.