Visioni

Aerosmith, il solco che dal blues disegna suggestioni glam metal

Aerosmith, il solco che dal blues disegna suggestioni glam metalAerosmith in un concerto a Madrid nel 2017 – foto Ansa

Note sparse Ristampati in cd e vinile i primi sei album in studio della band americana più un live del 1978

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 11 ottobre 2023

Cresciuti nel retroterra rock di Boston, gli Aerosmith sono capitanati dal cantante Steven Tyler e dal chitarrista Joe Perry. Influenzati soprattutto da Rolling Stones (specialmente quelli di Let It Bleed) e New York Dolls, ma appassionati anche di beat e psichedelia, debuttano con un omonimo album epocale di hard rock, uno dei migliori esordi di sempre. La Columbia, per cui hanno firmato, ha affiancato loro un celebre produttore, Adrian Barber, e questo forse li mette in soggezione, poiché la voce di Tyler appare ancora timidamente blues e le chitarre sono umili e dimesse. Nel disco, fantasmi di blues sono come archetipi di canzoni senza tempo, malinconiche e abissali nel loro soul disperato. Le liriche vertono sull’implacabile passare del tempo, il perdersi, la solitudine urbana. Il lavoro può essere considerato il miglior apocrifo dei Rolling Stones mai realizzato, ma anche qualcosa che ne esalta oltre ogni limite le suggestioni musicali, perlomeno nella raffinatezza e spontaneità del sognante incedere soul-blues dei suoi brani.

L’ALBUM non ha grande successo e la band, assistita da un produttore che è più nelle sue corde, Jack Douglas, partorisce Get Your Wings (1974), un lavoro che non abbandona il blues del disco precedente, ma lo rende ancora più amaro, brutale, con arrangiamenti eccelsi e canzoni dalle soluzioni sorprendenti. Le liriche di Tyler iniziano qui a trasformarsi in invettive erotiche, depravate, degradate, paranoiche; album dopo album prende forma un onirico romanzo di solitudine e reiezione, confuso e incontenibile, come una sorta di canone Lautréamontiano. Il disco nonostante tutto è un mezzo fiasco, ma gli Aerosmith sono sempre più supportati da una fan base affascinata dai loro live incendiari.

Gli esordi di Tyler & co, le influenze degli Stones, i successi e gli eccessi

Toys In The Attic rinnega quanto fatto in precedenza, innervando il suo hard rock di stordente melodia. Può vantare piccoli capolavori come la title track o il proto rap Walk This Way che, rifatto nell’86 in chiave rap con i Run DMC, risolleverà le sorti della band. Il disco ha un enorme successo e giungerà a vendere 6 milioni di copie.
Un ritorno a un’attitudine stradaiola, informale, aggressiva avviene con l’ebbro Rocks (’76), un lavoro sfasato, epilettico, sospeso in un incubo metropolitano, dalle sapienti intuizioni funky. Per l’album successivo gli Aerosmith, ormai sempre più un gruppo di milionari tossicodipendenti avvezzi a ogni tipo di eccesso, pensano di recuperare il blues delle origini. Ma il blues di Draw The Line è tutto il contrario di quanto conosciuto in principio. Le sue sono canzoni grasse, ruspanti, volutamente sopra le righe, pur vantando episodi bellissimi. I problemi di ego, di droga, di soldi cominciano a erodere la formazione. Joe Perry se ne va dopo aver registrato alcune parti di chitarra per Night In The Ruts (’79), più duro, funky e coeso del precedente. Nonostante il suo valore, esso inaugura la fase più buia della storia degli Aerosmith, che avrà fine solo nella seconda metà degli ’80.

LA UNIVERSAL ha recentemente licenziato, in cd e vinile, tutti i 6 album in studio del gruppo degli anni ’70, più Live Bootleg del ’78 che, nonostante il titolo, è un live ufficiale. Per chi fosse interessato a esplorare altri periodi della band esce, sempre per la Universal, una compilation su triplo cd o quadruplo vinile.

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