Quattro militari statunitensi sono rimasti feriti ieri in Sud Sudan, mentre tentavano di evacuare i cittadini Usa dalla città di Bor, capitale dello stato del Jonglei, teatro in questi giorni degli scontri più duri tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e gli uomini del suo ex vice Riek Machar.

I tre velivoli a decollo verticale a cui era affidata la missione erano partiti dall’aeroporto di Entebbe, in Uganda. Centrati da colpi di arma leggera mentre tentavano di atterrare, sono stati costretti a fare marcia indietro. È probabile che siano stati scambiati per velivoli ugandesi, visto che Kampala sta inviando truppe sul campo (su richiesta Onu e Usa).

Il Sud Sudan da domenica scorsa è sprofondato in una grave crisi inter-etnica che ha provocato finora almeno 500 morti. È lo scontro per il potere all’interno del South Sudan People’s Liberation Movement (Splm), il partito al potere, che si è tramutato in una battaglia tra le milizie dell’etnia maggioritaria dei Dinka, vicine al presidente in carica, e quelle Nuer che sostengono Machar.

Salva Kiir accusa il suo rivale di tentato golpe. Machar nega, ma dopo essersi dato alla macchia fa sapere che le sue truppe oltre a Bor e a vaste zone del Jonglei, controllano ora lo stato di Unity, regione di confine con il Sudan (del nord), in cui sono concentrate molte delle risorse petrolifere di cui dispone il giovane stato del Sud Sudan. Machar si è detto disposto a trattare con il governo, ma solo se verrano revocati i recenti ed eccellenti arresti (coinvolti anche ex ministri) degli oppositori di Kiir.

Gli scontri armati, iniziati nella capitale Juba e dilagati nel Jonglei, hanno costretto oltre ventimila persone a cercare rifugio nei compound dell’Onu. E nell’attacco a uno di questi, a Akobo, sempre nel Jonglei, giovedì scorso sono rimasti uccisi due peacekeeper indiani e 11 civili.