Iscelitel (ingrediente segreto), di Gjorce Stavreski, coproduzione tra Macedonia e Grecia, ha vinto il primo premio dell’edizione numero 36 del Bergamo Film Meeting. Storia di recessione, con stipendi aleatori e medicine costose per il babbo malato di cancro, ma il retrogusto amaro nasconde una commedia che prende corpo quando il protagonista trova casualmente un pacchetto di marijuana, che decide di usare per alleviare le pene del padre e a quel punto tutti vorrebbero usufruire dei suoi «poteri miracolosi».

Non lontano da Skopje, teatro del film premiato, opera Adrian Sitaru, regista rumeno autore di diversi corti e di Pescuit sportiv, film d’esordio che ha ottenuto alcuni premi. A lui il Film Meeting ha dedicato una personale completa coronata dall’uscita in sala (dopodomani) dei due suoi nuovi film: Illegittimo e Fixeur. Entrambi lavori scomodi che mettono lo spettatore a disagio e lo costringono a riflettere.
Fixeur è una storia semplice: una ragazzina neppure quindicenne è stata rimpatriata e condotta al paesino d’origine. Era finita laggiù a Parigi rapita da uno sfruttatore di giovani prostitute. Radu è l’uomo che arrangia le cose, the fixeur. Ha offerto a un giornalista francese con cui ha già lavorato la possibilità di intervistare la ragazzina per realizzare un’inchiesta tv.

A nulla valgono l’opposizione ferma della suora che non vuole far subire altri traumi alla giovane, la troupe all’insegna del «diritto di cronaca» e della malintesa libertà irrompe a casa della vittima, intorta la madre, poi forza «civilmente» la ragazza a rivivere la sua brutta storia. Chiunque accenda il televisore, soprattutto di pomeriggio, sa di cosa si tratti.
Dietro l’informazione si nasconde lo spettacolo che pesca nel torbido. Di fronte a certi fatti di cronaca bisognerebbe riflettere, non invece costruirci piccoli o grandi show spesso con le vittime trasformate in involontarie protagoniste. Il racconto di Sitaru è disarmante nella sua semplicità, e nel suo essere inequivocabile.

Non c’è spettacolo, non siamo dalle parti di The Post, ovvero di un giornalismo che attacca i potenti, qui siamo ancora all’Asso nella manica, allo sfruttamento dei poveri cristi già provati dalla vita. Siamo così assuefatti da quel che vediamo che non ci viene neppure più il dubbio, non siamo più in grado di fermarci. Una volta si diceva «è la stampa, bellezza» ora tutto sembra essere svilito, al servizio dell’intrattenimento.
Non meno spiazzante è Illegittimo, dramma tutto famigliare. Quattro figli ormai adulti, il babbo vedovo è un medico conosciuto, ma emerge qualcosa che fa saltare il tappo: durante il regime di Ceausescu l’aborto era proibito, quindi il padre non lo praticava.

In realtà molte donne erano costrette agli aborti clandestini, con tutti i rischi del caso. Lo scontro è aspro, i toni degenerano, si arriva alle mani. Ma non è finita qui perché i due figli ventenni e gemelli, Romeo e Sasha, sono talmente legati da avere un rapporto incestuoso, e la faccenda esplode quando Sasha rimane anche incinta.
Qui Sitaru osserva, racconta, lascia spazio agli attori e offre punti di vista spesso contraddittori, ma appare più conciliante nei confronti di tutti i suoi personaggi, quasi a ricordarci come sia facile, forse troppo, esprimere giudizi col senno di poi o con il moralismo. Il grido di Sitaru è alto e si basa sul fatto che la politica dovrebbe sempre e comunque stare alla larga dalle scelte personali del cittadino e non scrivere leggi che lo obblighino a comportamenti che non gli appartengono, che si tratti di volontà di suicidio, di aborto, di assunzione di droghe.

Quello di Sitaru è un cinema disagevole dove tutto viene rimesso in discussione, quindi discutibile, dove la logica non è mai lineare o semplice, tocca sforzarsi di capire dove siano i confini, non solo del lecito e dell’illecito, ma quelli più profondi che riguardano i valori morali: Radu, il fixeur, non ha alcuna intenzione di maltrattare la ragazzina, ma il suo comportamento che vorrebbe denunciare le ingiustizie è di per sé ingiusto.
Lab 80 ha deciso di portare il cinema di Adrian Sitaru a un pubblico più ampio di quello che frequenta i festival, operazione complessa, difficile ma meritoria