Dopo cinque giorni rinchiuso nel centro di minori di Ceuta, Adou, il bambino di otto anni di origine ivoriana trovato giovedì scorso nascosto dentro una valigia mentre una giovane donna cercava di fargli passare la frontiera spagnola in maniera irregolare, ha potuto rivedere sua madre, Lucie Outtara.
L’incontro è avvenuto lunedì all’ora di pranzo. La madre ha viaggiato da un paesino vicino a Fuerteventura, nelle isole Canarie, dove vive, fino a Cadice e da lì si è recata in nave nell’enclave spagnola in terra africana, nella città alla cui frontiera il bambino era stato scoperto dentro la valigia passata sotto lo scanner.
La famiglia ha cambiato avvocato. Venerdì sera Lucie Outtara lo ha comunicato all’avvocato d’ufficio Clemente Cerdeira che per primo aveva cercato di far scarcerare il padre, Alí, che era stato arrestato dalla Guardia Civil a Ceuta dove si era recato lo stesso giorno dell’arrivo del bambino con la grave accusa di traffico di persone. Il nuovo avvocato, il sivigliano Juan Isisdro Fernández, ha preso in mano la situazione del padre e della madre. Lunedì madre e figlio si sono visti nel centro per la tutela dei minori dove Adou è trattenuto in attesa che la giudice ne decreti la possibilità di tornare a casa con sua madre, a cui è stata effettuata la prova del Dna. Anche il padre si era sottoposto alla stessa prova la settimana scorsa con l’obiettivo di dimostrare che il reato di commercio di esseri umani non è applicabile. Lunedì mattina il precedente legale della famiglia aveva chiesto una nuova udienza per il padre.
La questione centrale è sempre la stessa: Alí, dopo aver ottenuto il ricongiungimento familiare per la moglie e una figlia, che ora vivono con lui alle Canarie, ha cercato di ottenerlo anche per Adou, ma il governo spagnolo glielo ha negato in due occasioni perché il suo stipendio (intorno ai 1250 euro al mese da un lavoro regolare) non raggiungeva il limite minimo previsto per il sostentamento di tre familiari. La differenza è di poche decine di euro. Preoccupati per la sorte del piccolo, rimasto in Costa d’Avorio con un fratello maggiorenne e altri familiari e che, secondo quanto affermano i genitori, è affetto da “paludismo” (cioè malaria), di fronte alla porta sbattuta in faccia della burocrazia, hanno deciso di trovare un altro sistema. Secondo quanto dichiarato da Alí alla giudice, il figlio maggiore aveva ottenuto un visto per entrare in Spagna dall’aeroporto di Madrid da una organizzazione a cui aveva consegnato tutti i risparmi di famiglia: 5000 euro. Senza però conoscere la modalità esatta per l’attraversamento della frontiera. Il bambino non arrivò mai in aereo, e dopo varie peripezie, sembra che il padre andò a Casablanca, dove lo informarono che il bambino sarebbe arrivato a Ceuta. Dopo averlo cercato nei campi dei rifugiati subsahariani in attesa di attraversare la frontiera, nei pressi di Tangeri e a Fnidq (la città marocchina più vicina a Ceuta), si sarebbe recato a Ceuta dove viene arrestato poco dopo la scoperta del bambino nella valigia.
Secondo il Tribunale Superiore di Giustizia andaluso, a cui appartiene per giurisdizione il tribunale di Ceuta, il nuovo avvocato ha chiesto ancora una volta la scarcerazione del padre. Il precedente avvocato aveva spiegato al «manifesto» che secondo il nuovo codice penale che entrerà in vigore il primo luglio, in casi come questo non verrà applicata nessuna pena.