I giovani stanno tutti morendo. Non come James Dean o Kurt Cobain. Non stiamo parlando del vecchio detto: «Vivi freneticamente, muori giovane e lasci un bel cadavere!» Non sono droga sesso e rock ‘n roll a distruggere queste giovani vite. Sono invece il cancro di «Colpa delle stelle» o il disturbo immunitario di «Noi Siamo tutto» o la leucemia in «Quel fantastico peggior anno della mia vita» e in «Now is good» o lo xeroderma pigmentoso in «Il sole a mezzanotte – Midnight Sun».
Tutti questi film assumono la forma di una versione medica di Romeo e Giulietta dove i tumori o i batteri prendono il posto delle famiglie in lotta. Trattano di giovani vite stroncate tragicamente; allo stesso tempo dobbiamo sempre interrogarci sull’ incubo per trovare la fantasia nascosta. I film del genere «romantico terminale», o rom-RIP se volete, hanno diverse attrazioni per i giovani. In primo luogo, sei in primo piano. Gli adulti sono tutti focalizzati su di te. Esistono regole e limiti contro i quali puoi battere le mani. C’è una tragedia che giustifica il grido di rabbia: ‘Non è giusto!’ che, proveniente da un sedicenne non ha alcun peso. L’umorismo dark diventa eroico. È figo.
Rischio di essere facondo. Non voglio esserlo. In «Ode ad un usignolo», John Keats scrisse a soli 22 anni: ‘Ho quasi fatto l’amore con la facile morte’. Tre anni dopo morì. In questo seguiva il proto-romantico Thomas Chatterton, morto a 17 anni e poi Shelley, a 29 anni, e Lord Byron a 36. Invece, William Wordsworth visse fino all’età di 80 anni, abbastanza vecchio da aver perso la capacità di non annoiare.
Nel cinema «Tramonto» del 1939 abbiamo un primo esempio del genere, con Bette Davis, giovane donna brillante che scopre di avere un tumore al cervello. Tom Milne del Times ha scritto del film: ‘una Rolls Royce del mondo piagnucoloso’. In «Love Story» del 1970 la giovane coppia è formata da Oliver e Jenny, cioè Ryan O’Neal ed Ally McGraw. Diventano amanti e poi si sposano contro la volontà del padre (ricco) di lui. Come in «Tramonto» i dottori e gli amanti nascondono alla paziente femminile la sua malattia. Il film fu un successo enorme e il genere dell’ «aver quasi fatto l’amore con la facile morte» nasce proprio qui. (Una curiosità: il romanziere Erich Segal basò il personaggio di Oliver sul suo coinquilino d’università: Al Gore).
L’ultima versione è uscita proprio da poco nelle sale – «A un metro da te». Ha tutto. Giovani malati di fibrosi cistica e bellissimi. Regole: non possono stare vicini per il pericolo di infezione che spiega il titolo, ma i nostri amanti le infrangono: devono stare un po’ più di un metro di distanza in realtà. E la tragedia. Ma infine c’è anche la vittoria della volontà cantata da Roger Daltrey di The Who: «spero di morire prima di invecchiare».