«Mare nostrum non solo deve continuare ma deve essere rafforzata, perché gli attraversamenti non cesseranno. Ma l’Unione europea deve anche adottare delle misure che permettano ai migranti di attraversare legalmente il Mediterraneo». Le ultime tragedie dell’immigrazione sono state denunciate ieri dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, che ha dato notizia di due naufragi nei quali potrebbero aver perso la via complessivamente un’ottantina di migranti. Sono le ultime vittime di una strage molto spesso silenziosa che, sempre secondo l’Unhcr, avrebbe provocato almeno 500 morti dall’inizio dell’anno a oggi. «Sono stime che abbiamo calcolato tenendo conto delle persone morte nel mar Egeo, tra la Libia e l’Italia e nei naufragi avvenuti davanti alla Libia e alla Tunisia, ma anche delle persone morte davanti alle coste spagnole» spiega Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il sud Europa. «Gli ultimi due incidenti sarebbero avvenuti tra sabato e lunedì scorso e entrambe le imbarcazioni sarebbero partite dalla Libia. Nel primo caso si tratta di un gommone con almeno 70 persone che si sarebbe ribaltato. Il secondo riguarda invece un barcone che è andato in avaria dopo un paio di giorni. I dispersi in questo caso sono sei: un marocchino, tre africani a due siriani.

Mare nostrum ha permesso di salvare migliaia di vite, ma purtroppo nel Mediterraneo si continua a morire. E’ chiaro che l’operazione di pattugliamento non basta più. Cosa serve ancora? 

Prima di tutto direi che c’è un aumento della violenza usata dai trafficanti nei confronti dei migranti e un’assenza di scrupoli nel caricare queste barche fino all’inverosimile. Sembra poi esserci un accanimento particolare verso i subsahariani, probabilmente perché hanno meno soldi da dare. Questo è sicuramente un dato: i trafficanti caricano sempre più persone su barche che sono sempre più insicure. Ci sono gommoni che basta un’ondata per mandarli a fondo. Ma ci preoccupa molto anche la situazione in Libia, sia dal punto di vista politico che delle condizioni dei migranti. L’instabilità politica si ripercuote in maniera diretta e grave su di loro.

Che notizie avete per quanto riguarda i migranti?

C’è un network di sfruttamento gravissimo e una situazione umanitaria gravissima nei cosiddetti centri di detenzione governativi in cui i migranti vengono portati. E poi ci sono centri creati dagli stessi trafficanti dove vengono portati soprattutto i rifugiati eritrei, che lì vengono torturati e ricattati finché non pagano per essere liberati. Parliamo di persone che arrivano in Italia in condizioni davvero gravi, di donne che restano incinta dopo essere state violentate e questo rende tutto molto più tragico. E poi c’è la fase in cui vengono messi sulle barche, che è molto violenta. Tanti rifugiati ci hanno raccontato di essersi spaventati per quante persone c’erano sulla barca e quando hanno cercato di ribellarsi sono stati picchiati come bestie. Per mettere fine a tutto questo come Unhcr chiediamo due cose: di continuare lo sforzo si salvataggio in mare che non deve essere abbandonato e anzi deve essere allargato e diventare europeo in tutto il Mediterraneo. Dopo di che chiediamo che si metta a punto un piano per quelle che noi chiamiamo misure legali alternative, ovvero delle alternative legali per l’attraversamento del Mediterraneo. Nella sostanza si tratta di programmi di reinsediamento, ammissione umanitaria e facilitazione di ricongiungimenti familiari, insieme a un’interpretazione elastica del regolamento di Dublino che faciliti in particolare proprio i ricongiungimenti familiari. Bisogna evitare che una persona che è stata riconosciuta in Europa come rifugiato, faccia arrivare la famiglia facendola partire dalla Libia con una barcone.

Tutto questo però è possibile solo aprendo uffici vostri e dell’Unione europea nei paesi di transito.

Per quanto riguarda i siriani potrebbe essere fatto in buonissima parte attraverso i nostri campi dove già esaminiamo le richieste di asilo. Per quanto riguarda gli eritrei, invece, la difficoltà più grandi le abbiamo in Libia dove dobbiamo capire se esiste la possibilità di stipulare accordi seri tra i governi europei e Tripoli.